Albe infrante (1982-95) - Parte terza |
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Poesia |
Sabato 24 Agosto 2013 09:16 |
Fu presa dai rumori notturni nel tenue risalto e offerta ai ludi bellici. Malvia dietro i vetri vetusto sentire coi passi dirottati nei segni del re. Incido te histoire de mort sui legni dei boschi a pochi passi dalla tua terra.
2 Mi rifugio nei tuoi millenni per ripararmi al ciglio della vita nel gelo che mi trapassa e si rapprende abbuiando la strada che mimetizza te dea cespugliosa.
Porto travolto
1 E’ una via lattea vischiosa tra grovigli siderali e detriti mi immischio a saziare quello che ci resta di questo vagare a vuoto su se stessi e resisto ancora all’appannarsi di lune o acque risorgive rigurgitanti amori spenti definiti al nascere come una certezza.
2 Mancherai più tardi gli ultimi approdi dove non si sente avvicendarsi il faro nero che riluce nella frana marina dove stremato ti crolla lo sguardo coi nostri passi rivolti ad altri limiti.
Retaggio
E rinvenne sull’erba a est delle zone velenose in un cumulo glaciale inaugurandosi. Io ricordavo le fabbriche di pietra i muri colorati seguivo le orme nel sonno felino sorpreso a morire a una spanna dal suo seno rivolto alle foglie in un gesto mitico. Lì sciolsi le ancore sospeso alla corda del mio ben vivere delle mille e una notte e lei longeva a sogni erotici abbandonò le mura per paesi sottostanti memorie per fermare i battiti del cuore in pena al mio capezzale per cingermi delle spine d’argento delle Parche limite assiduo finis terrae. Così trasmutava i giochi regali al seguito di teoreti impazziti votati al suo corpo infelice immemore di me recluso da chiave atavica a luci notturne.
Scende al tramonto come fiaccola tenue dal monte ad abbracciare la pianura la lucida sera scura di velluto e seta a noi protesa fonte di tutti i limiti. Viene a te alle tue lunghe ciglia ai dolci pensieri ti sfiora e accanto s’addormenta avvolgendo il lume dei tuoi occhi.
Sfera
1 Caddero i volti dei rabbini necrofili sulla sfera candida del negromante, l’appiglio mancato al reticolo ancestrale scivolò di lato al precipizio le roi l’alternativo per reggere un quarto del mondo col tacco di vetro.
2 Sostava sul reticolo respiro promessogli rapito per una donna dal carro stellare.
3 Irrompeva attenuandosi allo spegnersi la figura chiave. Il suo profilo scolpito da un prode nelle stanze abbuiate colorate di echi.
4 Ritornava proiettandosi sulla linea del tempo principium finis di traguardi anelati. Lei in delirio sulle rocce in salvo nella tempesta addormentava lucide albe estinguendosi.
5 Ammantò infine il suo corpo la nitida Musa autunnale e insieme per passi notturni verso eterni sentieri e cuori di vetro scomparvero.
Sorgeranno tumuli alle tue spalle morbidi voli in ampi vestiboli da marine corsare perlustrate dai tuoi flussi fino a tartane in secca. Poserai la tua stanchezza nera come thanatos tra le pieghe degli anni e non ti salveranno immoti gridi d’aquila questa volta.
Stretta al sole di scarpata alla scritta sul muro (contatto labiale) nel drammatico scontro con il giorno.
Ascolto una nota nel buio espressione favolistica di Magda le vesti riflesse alla bottiglia.
Una depressione poco giù di lì e un tratto di donna consunta. Magda poesia da sottofondo accolta nell’aurora boreale.
Tramonti
Bocca trasformata dal bacio musica di conchiglia eco marina. Il riverbero ci attira verso la roccia ai piedi del buio. Ritorno di rondini ai vespri fuligginosi abbandono del passato. Lontano tutto lontano vento di steppa per le vie del corpo ancora molto per finire. La condanna del pensiero ardesia lacerante perché abbia un posto da consumare sul pavimento epidermico degli anni.
Vaghi ricordi
Magda dei tappeti persiani lido abbattuto in cui godono spasmodici raggiri di perle o smalti orientali melliflui dove bracconieri invasati rapirono le stimmate incidi la voce nel legno e riscopri l’abbandono regalarti l’attesa.
Rotte parallele
Smarrisco la rotta maestra che apre lo sguardo al grigio percorso di vele e austere tenebre bendate coprono il brusio di voci dannate e l’urlo stridente della falce spezza il mio mattino neutro nella tragica alba fatiscente che arriva al boccaporto e mi brandisce contro orde distruttrici nel segno del dio Caino. Araldi reali sostengono lo scettro della rea stirpe congiura letale per l’impero fumante e il libeccio che sferza sul greto del fiume. Da lì le schiere arcane muovono a ritrovar parola fiaccate dall’algida luce di un tramonto in fiamme verso la gleba rossiccia e i flutti devastano il pallido arenile fino a notte e si avverte il fragore di terre diverse frangersi soccombere all’edace bagliore di questo tempo che inghiotte e disperde il mio frasario immobile da sempre inciso nella roccia dove altri verranno ad attendere nuove scoperte con lo sguardo rivolto al sole pochi come all’inizio di contro all’ala del vento li scopriranno incedere piano nel giorno che volge al termine verso la tenue luce che rischiara le dune.
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