I voli di Marina Colucci |
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Arte |
Martedì 25 Marzo 2014 18:35 |
Un tripudio di festa e musica, gli acquerelli del ciclo “ Vivace orchestra”. Un altro ciclo pittorico degno di nota è quello degli olii e in particolare dei “Clowns”. Nelle loro raffigurazioni il viso è l’elemento centrale che balza all’attenzione dell’osservatore. Un viso molto enigmatico ed espressivo, solcato da rughe profonde cui fanno da contrasto il belletto ed il grosso naso finto tipici della maschera di tutti i clowns,quasi a rendere con drammatica evidenza la dicotomia profonda fra l’elemento artificiale (il trucco del pagliaccio) e quello reale (la loro faccia così umana). Questi pagliacci però vengono decontestualizzati e raffigurati in ambienti bucolici, fra i fiori e le frasche di una grande campagna dove, a giudicare dalla loro espressione divertita ma anche irriverente,sembra che essi si siano rifugiati dopo aver commesso qualche marachella per nascondersi al mondo e scampare all’implacabile punizione che la società moralista e bacchettona comminerà loro. Oppure questi pagliacci suonano degli strumenti musicali o fanno colazione bevendo un caffè e sempre la loro biacca con le sue crepe e i capelli bianchi a testimoniare meraviglia ma al tempo stesso disincanto. Questi clowns mi fanno pensare al film omonimo di Federico Fellini, un’opera nostalgica e commovente del grande regista italiano, datata 1971. E “felliniane” mi sentirei di definire anche queste pitture per l’uso delle ardite cromie e un certo barocchismo che l’autrice conferisce loro. Hanno la poesia della tristezza i pagliacci di Marina Colucci, e sebbene l’autrice, seguendo l’invito rivolto da Leoncavallo nella sua celebre opera lirica,li faccia ridere, o almeno sorridere (mentre dietro la maschera l’attore piange di dolore), è innegabile che essi rappresentino nell’immaginario collettivo una sorta di spauracchio in seguito a quelle visioni di efferatezza e malvagità che una certa filmografia horror ha contribuito a far loro ispirare. O forse questi pagliacci della Colucci sono così disperatamente infelici che non riescono nemmeno a piangere, come nelle “Opinioni di un clown” di Heinrich Boll. Gli olii della Colucci sono esposti presso l’Hotel Belvedere di Torre dell’Orso mentre gli acquerelli, piccoli in confezione regalo, sono distribuiti nelle librerie e in vari punti vendita del Salento. Nella sua produzione si ascrivono anche diversi disegni realizzati con varie tecniche, come matita, sanguigna e pennino con inchiostro di china, che impreziosiscono le copertine di libri e pubblicazioni di colleghi e amici artisti. Marina infatti vanta una lunga collaborazione con lo scrittore Mauro Ragosta e con il leccese Salotto Culturale Samà. La cosa più difficile per un artista è guadagnare una propria cifra stilistica, quel quid che è personale e rende riconoscibili, arrivare insomma ad essere sé stessi. Credo che Marina Colucci sia sulla buona strada per arrivare ad essere Marina Colucci. |