Nel giardino dell’Eden 14 |
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Ecologia |
Scritto da Ferdinando Boero |
Venerdì 17 Giugno 2011 16:12 |
Dottor Jeckill e Mister Hyde Ho visto la prima e forse ultima puntata del programma “Ora ci tocca anche Sgarbi”. E’ evidente che si tratta di un “Vieni via con me” alternativo, con Sgarbi al posto di Fazio. Sgarbi è un perfetto dr Jeckill, il bravo medico che vuole solo far del bene, ma che poi si trasforma nel perfido mr Hyde. Sgarbi ha a cuore la bellezza del nostro paese, e più di ogni altro sa spiegarla e sa trasmettere entusiasmo verso di lei. Quando spiega un quadro, o descrive un paesaggio, Sgarbi è veramente un maestro, nel senso antico del termine. Però, forse per fare audience, poi si arrabbia e si scaglia contro nemici a volte immaginari. Sgarbi ha introdotto Carlo Vulpio, un replicante di Saviano, che ha parlato contro le energie alternative, facendo riferimento alla Puglia. Premetto: concordo con Sgarbi & Vulpio che si stia esagerando, e condivido il sospetto che l’affare sia stato fiutato da faccendieri disonesti. Non mi piace la campagna vetrificata. Anche perché l’abbiamo già vetrificata e plastificata con le serre che, forse, si potrebbero semplicemente trasformare in modo che siano ANCHE impianti solari. Sulla Leverano-Porto Cesareo ne ho visto una. Non sono un esperto, però se quella fosse la strada, sarebbe da seguire. ![]() Non mi piacciono le pale eoliche a deturpare il paesaggio. Mi sono scoperto (con orrore per me stesso) a fare come Emilio Fede, che storpia i nomi dei suoi avversari per delegittimarli, e in alcune occasioni ho chiamato Nichi Ventola l’ottimo presidente della nostra regione! Spacciare falsità miste a verità è una strategia vincente, se si vuole confondere l’opinione pubblica. Ma non sempre. Pare che l’opinione pubblica non sia più così incline a lasciarsi prendere in giro. Come ha cercato di fare, per esempio, lo spot del Forum Nucleare. Sgarbi & Vulpio non hanno detto esplicitamente che il nucleare è una bella cosa, ma hanno concimato il terreno per arrivare a quello. Prima si distrugge l’alternativa, e poi non rimane che una proposta. Nessuna citazione delle polveri sottili, o delle scorie nucleari.
I giornali, qualche giorno fa, hanno lanciato una notizia allarmante. Abbiamo pescato tutti i pesci disponibili nei nostri mari e ora viviamo di prodotti importati. Repubblica la riporta così, il 2 maggio: Abbiamo finito le scorte. Ci siamo mangiati l'ultimo pesce preso in Italia il 30 aprile e da ieri portiamo a tavola pesce importato. Mettendomi nei panni di un semplice cittadino, capisco che se oggi dovessi andare a Porto Cesareo a comprare un pesce mi vedrei offrire solo pesci pescati in altri mari e che i pescatori non escano neppure più, dato che di pesci non ce ne sono più. Basta andare a vedere il ritorno dei pescherecci per capire che non è così. I pesci nelle reti ci sono, e nelle pescherie ci sono anche pesci “nostri”. E allora? Credo che ci sia stata un po’ di confusione tra la burocrazia e la realtà. Ogni paese europeo ha quote di pesce che può pescare. Le quote sono definite dalle dichiarazioni degli anni precedenti. Hai dichiarato di pescare 100 negli anni precedenti? Allora non puoi pescare più di 100 negli anni seguenti, e ti controlliamo. Il problema è che abbiamo dichiarato meno di quel che peschiamo e, ora che ci controllano, vien fuori che quello che abbiamo dichiarato è nettamente inferiore a quel che peschiamo. E’ successa la stessa cosa con le quote latte. Non so bene cosa succederà ai pescatori e alla vendibilità dei loro prodotti. Forse gli sarà vietato di uscire a pescare? Il fatto è che non è vero che non ci sono più pesci, però abbiamo pescato nei primi mesi dell’anno tutti quelli che ci era concesso di pescare in tutto l’anno. Forse dovremo pagare multe salate (come quelle delle quote latte). Tutto bene, allora? E’ solo burocrazia? No, non è solo burocrazia. In tutto il mondo si assiste al collasso di popolazioni di pesci pescati industrialmente. E non si salvano neppure i pesci più piccoli. Qualcuno si sorprende che l’acquacoltura non riesca a “salvare” le popolazioni naturali di pesci. Se, invece di pescare i pesci in mare, li alleviamo, tutto dovrebbe essere a posto, no? No. Perché alleviamo carnivori e li alimentiamo con mangimi a base di pesci pescati da popolazioni naturali. Dopo aver preso i pesci più grandi, ora li alleviamo e li nutriamo con quel che resta: i pesci piccoli. Una pratica che non esito a definire folle. Il problema non è di facile soluzione. Siamo sette miliardi, e tutti vogliamo mangiare (mi pare giusto) e l’ambiente non ce la sta facendo più a soddisfare i nostri bisogni. Disboschiamo le foreste per aumentare il terreno coltivabile, pompiamo le colture in modo da aumentare il numero dei raccolti, peschiamo con tecnologie raffinatissime. Ma la natura non ce la sta facendo più a darci altre risorse, visto che le stiamo consumando più rapidamente di quanto lei riesca a rinnovarle. La solita storia della crescita infinita in un sistema che ha dei limiti di sopportazione. Limiti che non vogliamo riconoscere. L’ottusa burocrazia europea si rende ridicola, dicendoci che non ci sono più pesci, quando è evidente che ce ne sono ancora. Però ha ragione. Sta cercando di salvarci da noi stessi, ammonendoci dei limiti naturali delle popolazioni, prima che davvero non ci siano più pesci. Ancora una volta mi trovo costretto a dire che la natura non fa parte della nostra cultura, e che questi fatti sono visti con fastidio da chi predica la crescita dei consumi e della produzione come unica nostra salvezza. Non è vero. E’ una pratica irresponsabile. L’unica via è la diminuzione della popolazione mondiale, ma nel frattempo che si fa? Risposte magiche non ce ne sono. Bisogna però che ci si impegni per trovarle, aspettando che arrivi un po’ di saggezza. Ma questo richiede un cambiamento culturale, in modo che si smetta di pensare solo a crescere e si inizi a capire come poter vivere in armonia con la natura che, lo ripeto ancora una volta, ha dei limiti in quello che ci può offrire. Per il momento, i pesci che mangiamo sono un debito che abbiamo con la natura. E lo stiamo contraendo senza avere una politica per ripagarlo. E qui non si tratta di finanza, di trucchetti contabili. Con la natura non si scherza. Prima o poi il conto ce lo presenterà davvero, e non lo potremo pagare con i soldi. |