Arte
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Giovedì 24 Aprile 2014 09:18 |
Euritmica è la denominazione che gli artisti Stefano GARRISI e Marcello TOMA hanno scelto di dare alla propria esposizione di Palazzo Micheli-Gorgoni, nella natia Galatina, una mostra che per ognuno di loro è da considerare, a tutti gli effetti, come una personale, trattandosi nel primo caso di uno scultore puro e nel secondo di un pittore puro. Pur mescolate tra di loro, ora le opere dell'uno, ora le opere dell'altro sembrano in effetti scorrere in una successione ordinata, creando suggestioni ritmiche, quasi musicali, sicuramente eufoniche.
Il titolo del resto non lascia spazio ad equivoci di sorta, né d'altro canto intende crearne la volontà, da parte dello scrivente, di dotare Euritmica di un sottotitolo di ordine filosofico, basato sul contrasto originario di René Descartes tra res cogitans, la parte spirituale, pensante, e res extensa, la parte materiale, meccanicistica. Riteniamo infatti che questo dualismo sia applicabile non certo ai due artisti in questione, ponendoli su un piano di contemporanea contrapposizione l'uno all'altro, quanto piuttosto ad ognuno di loro considerato singolarmente. Appare così evidente che, analizzando il procedimento artistico di ciascuno nella sua globalità, né nel caso di Garrisi, né nel caso di Toma sembra predomini una delle due componenti, spirituale o materiale, a netto discapito dell'altra.
Il merito di avere in pratica permesso il rinvenimento di una chiave di lettura filosofica dell'esposizione, utilissima per il fruitore, è da ascrivere senza dubbio agli artisti stessi, perché sono proprio loro a condurre su questo piano, ed a guidare, su quella che appare una via fondamentale per entrambi, capace di spiegare la genesi delle loro opere, come gran parte di tutto il loro percorso artistico passato e attuale: la via della riflessione.
Chiarito sin da subito questo aspetto generale, finalmente non ci resta che accoglierli entrambi nella simbiosi artistica di quest'esposizione, accomunando tutte le loro opere sotto un unico principio, quello appunto della riflessione, guida e luce della loro arte.
Allegati:
File | Descrizione | Dimensione del File |
Euritmica.pdf | | 2157 Kb |
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Arte
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Domenica 13 Aprile 2014 15:57 |
Palazzo della Cultura, Museo “Pietro Cavoti”, 3 aprile 2014
La nascita, l’esordio di un’idea che tra scienza ed arte rifonda l’espressività dell’uomo del secolo scorso è racchiusa in questa dichiarazione:
“A quattro anni dipingevo come Raffaello, poi ho impiegato una vita per imparare a dipingere come un bambino”. Per Picasso dipingere ciò che si sente, è più attuale della riproduzione realistica (ormai tramontata, dopo le conquiste della fotografia e degli esperimenti degli Impressionisti) anche se essa non è del tutto fedele all’immagine, a ciò che si vede.
“L’arte non è l’applicazione di un canone di bellezza ma ciò che l’istinto e il cervello elabora dietro ogni canone. Quando si ama una donna non si comincia sicuramente a misurarle gli arti.”
Oltre a ciò entra come componente essenziale dell’opera d’arte, il tempo, e come conseguenza di esso, l’essenzialità e l’immediatezza. Le narrazioni, le descrizioni, appartengono ad un’altra civiltà.
Al di là delle retoriche e delle affiliazioni elettive, l’intento provocatorio di Miceli Dell’Arti è ben chiaro: azzerare significati complessi e tecniche ricercate accordando la preferenza ad un primitivismo espressivo e di conseguenza a materiali poveri, all’uso di supporti destinati al riuso urbano e strumenti ecologici come pennelli e pigmenti ecosostenibili.
Dopo un esordio che lo vede impegnato con la tecnica del frottage e del collage, nel 2012 con La Terza Dimensione espone a Palazzo della Cultura a Galatina e nel 2013 ad Aradeo con Il colore, lo strappo, il segno allo Skatafashow e Del teatro, Del Cinema, Della Musica, al Caffè del Teatro.
Dal 2005 sceglie la carta come materia- supporto per le sue opere.
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Arte
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Martedì 25 Marzo 2014 18:35 |
Marina Colucci è una giovane artista leccese, forse non ancora conosciuta quanto meriterebbe. Si occupa di grafica pubblicitaria ma è soprattutto una brava pittrice. Ha da poco esposto le sue opere nell’ex Convento dei Teatini, nell’ambito della rassegna organizzata dall’Associazione Artemista per “Itinerario rosa 2014”, dal 13 al 17 marzo. Notevole, fra le sue realizzazioni, il ciclo pittorico “china e acquerello”. Alcuni titoli: “Doppio fallo”, "Oltre i Segni", "Locomotiva Lunare", "La Festa" , "I Gondolieri”, “Fuga”. Un uso sapiente del colore, avvincente la policromia dell’insieme, poco o niente nero, molto verde, marrone,giallo, rosa, blu, rosso. Nella serie delle chine, molti e d’impatto i riferimenti sessuali mischiati ai rimandi astratti delle opere. Un trionfo di luna e stelle, capitelli dalla forma fallica, fiorellini che sembrano coriandoli e fili che si intrecciano a formare gusci di lumache, si confondono insieme, come in "Gaudium Magnum" . Si avverte un bisogno di fuga dalla realtà, dal contingente, attraverso i voli pindarici della fantasia ( penso al quadro"Alla maniera di Pindaro") , verso un’altra mèta, una destinazione diversa, un passaggio, anche attraverso la vagina, da una vita ad un’altra e, attraverso la stella cometa, ad un altro sistema solare, come in “ Passaggio da un luogo ad un altro”. Ma i suoi falli, i seni, le vagine, sono gioiosi ed anche un po’ giocosi, nessuna morbosità nella reiterazione degli organi sessuali , che rappresentano anzi un inno alla vita e alla libertà dei sensi, quella libertà che, sebbene eterea, aeriforme, impasta la pittura di Marina Colucci in un tutt’uno con la vita ("Libero pensiero” si intitola una di queste opere), conferendole una cifra di velato “maledettismo” che ne fa un’artista sicuramente sui generis, di questi tempi, e piuttosto dirompente . Una tematica dunque molto originale, almeno se sposata con la tecnica utilizzata. Le sfumature, poi, gli effetti cangianti del colore illanguidiscono le atmosfere di questi quadri, rendendole ancora più fiabesche, oniriche, evanescenti.
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Sabato 08 Marzo 2014 07:53 |

Au palmarès du calendrier officiel des Journées mondiales, internationales ou européennes, le 8 mars occupe une place de choix : La Journée de la Femme. Alors, un seul Jour J pour la partie féminine de la population mondiale, c’est-à-dire la moitié de l’humanité et 364 ou 365 pour l’autre ? Que nenni ! Un rapide survol de ce calendrier dans son ensemble, pour peu qu’on laisse libre cours aux préjugés les plus éculés, donnera au contraire l’impression qu’il n’y en a que pour Elle. Ainsi, dans un inventaire, non exhaustif, à la Prévert, citons pêle-mêle : la Journée sans pantalon, celles de la lutte contre l’exploitation sexuelle, le tricot, le baiser, les sages-femmes, la contraception, les parents, la ménopause, les toilettes, l’orgasme (le 21 décembre, lors de la nuit la plus longue, du moins dans l’hémisphère nord ! ) et puis, en vrac, là où elle se taille la part du lion : l’élimination de la violence à l’égard des femmes, l’enfant à naître (le 25 mars justement, fête chrétienne de l’Annonciation et de l’Incarnation !), l’allaitement, les veuves, les filles, la femme rurale (espèce en voie de disparition, à protéger).
Mais l’apothéose, c’est quand même le 8 mars, la fête des fêtes sanctifiée par l’ONU, le moment fort où sont rappelés tous les efforts accomplis en sa faveur, glorieux événement auquel la caisse de résonance bien pensante des médias assurera une visibilité tous azimuts. Et pourtant, année après année, bilan après bilan, on peine à voir une amélioration générale de sa condition. Les postes de responsabilité lui sont toujours difficilement concédés. Pire, il suffit qu’une profession se féminise pour qu’elle soit ipso facto dévalorisée. À elle le chômage ou le temps partiel imposé, les bas salaires, les pensions de retraite minimales. La liberté de disposer de son propre corps et de maîtriser sa sexualité est sans cesse remise en question. Comme exutoire, pour oublier sa triste condition ? Eh bien, qu’elle s’adonne à des loisirs bien virils comme jouer au football et au rugby ou tout au moins mêler sa douce voix aux vociférations des supporters de l’équipe nationale. Au prix de quelques dettes, elle pourra aussi s’offrir le plaisir de se pavaner au volant de gros 4x4, tout en soutenant le marché de l’automobile en péril. Car il faut qu’elle comprenne bien que seule sa participation active à la violence que le capitalisme impose au monde est susceptible de la conduire à une brillante carrière. Les modèles ne manquent pas : Christine Lagarde, par exemple, après avoir été ministre d’un gouvernement très libéral sous la présidence de Sarkosy, est parvenue au poste de directrice générale du FMI (Fonds Monétaire International), une des institutions mondiales qui asservit les peuples, organise le pillage et le saccage de la planète. On a vu Anne Lauvergeon à la tête d’Areva, leader mondial de l’énergie nucléaire, un État dans l’État français, continuer à imposer cette énergie mortifère en France et s’efforcer de disséminer ses coûteuses chaudières explosives dans le monde ; Laurence Parisot présidente du Medef (Mouvement des entreprises de France), le syndicat des chefs d’entreprise, en tant que patronne des patrons, s’acharner à détruire les droits sociaux, Michèle Alliot-Marie, ministre de la Défense et singulière Madelon, entre deux tournées de popotes, augmenter considérablement les crédits alloués à l’armée...
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