
Del fatto qui narrato si erano perse le tracce. Si tramandava solo oralmente, nella Terra d’Otranto, una storia avvenuta più di mille anni fa; la storia di un regno precipitato, scomparso, a causa di una serie eventi ostili (complice il Fato), poco chiari. Un regno antico, un tempo florido, giunto a un punto di non ritorno, che anche nel disfacimento, nella decadenza, conservava (forse ancor più), un’aura di splendore.
Solo da alcuni anni è stato rinvenuto, da un trattatista anonimo, il manoscritto, opera autografa in versi, dell’ultimo giovane erede al trono. In questo modo, a suo modo, egli ci ha lasciato testimonianza.
Preambolo
In un tempo remoto e indefinito, un principe di un regno del Sud al confine con l’Oriente, e a ridosso del mare, rievoca, attraverso un de-pensamento, la rovina verso cui è andato incontro il suo regno.
Il discorso si sviluppa attraverso un flusso di coscienza allucinato e fantastico, in cui la memoria si perde nei meandri del non detto, del manque. Il mancante infatti è uno dei tanti fili conduttori che si intrecciano nel parlato del “radioso principe”, ora sospeso nell’assenza, nello smarrimento incolmabile, nel vano sforzo di ricostruire ciò che è andato irrimediabilmente perduto, non attraverso la memoria, bensì attraverso i vuoti di memoria, cioè attraverso gli esiti di esperienze passate ma nebulose, vissute ma non accertate, fuori dalla Storia, di sensazioni forse solo immaginate, comunque non documentabili, avverse, fuori da un io o da un contatto stabiliti.
La lingua adattata al nostro “moderno idioma” per motivi metrico-stilistici, rende l’irrappresentabile rappresentato, al di là delle età, nella vacuità.
Tutto il suo parlare è un continuo rivolgersi ad una donna amata, adorata, precipitata e dispersa insieme a lui, i cui contorni, così come anche il nome, sbiadiscono, quasi svaniscono (Magda, Malvia), in una ripetizione ossessiva di gesti e simboli che ricorrono fino all’abbandono, nel tentativo, anche questo inutile, di farsi una ragione della perdita (per sua causa) della donna sublime.
Il personaggio che non ha nome, sospeso com’è fuori dal tempo, resta attendibile solo attraverso la memoria dei luoghi mitici da lui frequentati e vissuti. Un Sud ancestrale, splendido, barocco, coacervo di stili ed atmosfere dal cui ricordo il protagonista non riesce a staccarsi.
Il Sud di una Terra d’Otranto senza tempo che da sempre “gira su se stessa. A vuoto.” (C. B.).
Affabulatrice, maliarda e distruttrice che costringe chi vi nasce a non potersi mai distaccare.
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