La critica dell'evento |
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Filosofia |
Lunedì 01 Ottobre 2012 18:13 |
Più risibile della presunta applicazione immediata del pensiero di un pensatore all’empiria, mi pare soltanto la pretesa confutazione dello stesso sulla base della – evidente – constatazione che quel pensiero non corrisponde alla – molteplice ed enigmatica sempre, sfumatissima ed arrogante – empiria. Tentazioni entrambe dalle quali nessuno è esentabile a priori, forse nemmeno lo stesso pensatore; ma che dal ridicolo sconfinano nel pettegolo – il collante della ferrea mediocrità – quando le si assume a misure del pensare. Forse ad alimentarle provvede una doppia confusione, dalla stessa remota origine: si confonde il pensatore con il Santo Protettore; si confonde l’efficacia immediata con la “realtà” tutt’intera. Il rigore del pensiero non ha direttamente che fare colla rigidità nella condotta. Il pensatore è anche un uomo, o una donna, come tutte e tutti noi; la qualifica di pensatore non esenta dalle bollette, e dal ritrovarsi spesso in bolletta; e d’altronde: non cadono anche i Santi in tentazione? Che la Realtà coincida con quella porzioncina di mondo che ci tocca d’occupare, molto provvisoriamente, e che tutto ciò che non coincide con questa, per ciò stesso, sia “irreale” – è stata forse sempre la necessità dei molti; ora sembra diventata la manna, di tutti. Forse soprattutto perché il “reale” è la maschera del potere sociale. Ma purtroppo per noi tempo del pensiero, cioè della necessità, e tempo della “realtà”, cioè per noi dell’attualità, non coincidono; forse mai.
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