FAVOLE di EVGENIJ PERMJAK 10. Un paio di manopole e un'ascia |
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I mille racconti |
Mercoledì 11 Settembre 2013 08:37 |
Traduzione di Tatiana Bogdanova Rossetti
Un vecchio morì lasciando ai suoi tre figli maschi un'eredità: al primo figlio, il maggiore, un'isba, al secondo dei fratelli, una bella e grossa vacca da latte, e al terzo figlio, il più giovane, un paio di manopole ed un'ascia. Il figlio maggiore si mise a vivere in casa propria, il secondo dei fratelli tirava a campare con la vendita del latte, il terzo, il più giovane dei fratelli, si guadagnava, canticchiando, il pane e il sale con un paio di manopole e un'ascia. Passarono gli anni, non si sa quanti, si sa soltanto che l'isba al negligente padrone della casa si inclinò tutta da una parte e la vacca da latte quasi smise di dare il latte all'allevatore indolente. Invece il paio di manopole e l'ascia rimasero come nuovi, anzi divennero ancora migliori nelle mani virtuose del mastro-carpentiere. Si perfezionarono per fare qualunque cosa: porte, remi, telai, infissi... Costruire case, ponti, dighe, mulini... Al terzo figlio, il più giovane dei fratelli, un paio di manopole e un'ascia erano serviti per costruire una bella casa e pure per comprare una vacca da latte. «Non sarà che nostro padre, senza dirci nulla, ha lasciato a lui, al preferito, un'ascia magica-tuttofare» – disse il fratello maggiore al secondo fratello, «dobbiamo portargliela via. Rubiamola!» Rubarono al terzo fratello, al più giovane, l'ascia lasciatagli dal padre ed ordinarono all'ascia-tuttofare di fare porte, remi, telai, infissi; di costruire case, ponti e mulini. Ma l'ascia non si mosse. «Forse la forza non è racchiusa tutta nell'ascia» – disse il secondo fratello al fratello maggiore. «Bisogna rubargli anche il paio di manopole.» Rubarono al fratello più giovane anche il suo paio di manopole, ma il risultato ottenuto dal misfatto fu identico a quello dell'ascia. Non si mossero neppure le manopole. Intanto il fratello più giovane si ricomprò un'ascia e un paio di manopole nuove, e si mise a lavorare di nuovo e a canticchiare la sua canzone. Tanto più forte cantava – tanto più forte volavano da tutte le parti le schegge sotto la sua ascia. «A conti fatti, tutta la forza sta nel canto» – stabilirono i due fratelli. «Perché non provare anche noi ad impararlo?» Si misero ad imparare la canzone del fratello minore. Ma la canzone, benché fosse semplice, presentava delle insidie. Diceva che, se pur un'ascia era stata affilata bene, tuttavia non nell'ascia era racchiusa la vera forza. Diceva che un paio di manopole di tela è una grande potenza di lavoro, ma solo se era indossato da mani operose. E che in quelle mani non c'è mai granché di denaro, ma mai rimangono al verde. Ogni giorno arrivava qualche soldo, se un mastro lavorava a dovere e ce la metteva tutta. I fratelli più grandi impararono il canto. Compresero sino in fondo, con il cuore, e da allora le cose andarono bene anche a loro. Anche loro divennero dei mastri. Iniziarono a cantare anche loro canzoni allegre. A tre voci, un ottimo trio di squadra. Cantavano nel canto dell'ascia e del paio di manopole, ma esaltavano le mani operose, indicando ed illuminando la strada giusta alla brava gente. L'ascia nei giorni nostri ha fatto dei passi da gigante, è andata assai lontano. La incontri e non la riconosci. Si è trasformata in meccanismi ingegnosi. Non si acchiappa a mani nude, servono le manopole, ma non quelle di una volta, fatte a sputo, non fatte in casa da inesperti, ma quelle con un marchio di fabbrica, un tessuto tecnico, dal taglio competente, cucite con sapienza e istruzione. E' così che le cose evolvono. Ti è chiaro, ragazzo? Se ti è chiaro, allora metti un punto su questa riga, volgi la pagina, fischia la partenza e andiamo oltre. Nella nuova favola. |