La lanterna di Diogene 5. Giardini privati leccesi |
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Sallentina |
Martedì 22 Aprile 2014 07:47 |
Non molti giorni fa, all’interno di un programma di incontri promossi da un’associazione culturale dedicata a Don Gaetano Quarta, sacerdote e docente universitario di psicologia morto da alcuni anni, si è parlato del Barocco e dei giardini di Lecce. Ne hanno parlato due donne che hanno estrema competenza in queste tematiche. Il tutto è stato confortato e arricchito da diapositive proiettate sullo schermo. Il discorso sul Barocco, pur condotto da una docente universitaria che da anni si dedica a questo tema con estrema competenza, ha presentato monumenti chiese, palazzi che, grosso modo, quasi tutti conoscevamo di nome o avevamo visitato di persona anche più volte e che ora abbiamo visto unificato in un discorso della storia artistica e, indirettamente, anche religiosa e civile della nostra terra. La novità, invece, è stata questa scoperta dei giardini leccesi. E si parla non dei giardini pubblici, ma di giardini privati, all’interno di casa o palazzi situati normalmente nel centro storico. I proprietari non avevano avuto problemi nel far entrare l’autrice del programma e il giovane che si era prestato a fare le fotografie. Quando le diapositive sono state proiettate nell’ampio parlatorio della Benedettine, cioè delle suore di clausura di Lecce che, nonostante la clausura, sono sempre presenti alle iniziative che facciamo presso il loro convento, la sorpresa è stata generale. Nessuno di noi immaginava che, nascosti da un muretto o una ringhiera di ferro, ci fossero giardini molto belli, anche con piante, alberi, fiori rari e non rari. Erano e sono giardini che narrano una storia della nostra città proprio tramite quella dura pietra consumata dal tempo e incavata. Infatti in alcuni erano ancora sedili di pietra ultracentenari che manifestavano la vecchiaia del loro fungere da piano dove sedersi. Abbiamo visto, in questi giardini, anche alberi secolari, oppure piante ed alberi che si pensava fossero scomparsi nel tempo. Perché questa omelia sui giardini privati? Perché non c’è bisogno dell’indovino per capire che tale fenomeno urbano non è esclusivo di una sola città, ma, a mio parere, per quello che vale, è presente in tutto il Salento. Allora andrebbe portato alla conoscenza dell’intera popolazione e non solo degli studiosi e degli amanti dell’antico. Tutto ciò fa parte della nostra cultura: e non dimentichiamo che cultura viene da coltivare. Non a caso, nel periodo fascista al posto di cultura si usava il termine coltura. Io me ne accorsi, quando giovanotto, nel 1962, insegnai alla scuola elementare di Gallipoli, nel Collegio dei Salesiani (ora non c’è più), e trovai nella segreteria della Direzione Didattica un diploma assegnato alla scuola e rilasciato, testualmente, dal “Ministero della Coltura”. Sarebbe bello che, come in alcune nostre città si svolge in primavera la manifestazione dei palazzi privati aperti al pubblico, così si desse la possibilità ai cittadini di conoscere i giardini nascosti, perché anche quelli rappresentano la storia di Lecce come di Firenze, di Bologna come di Galatina. Sarebbe un modo non solo di conoscere meglio il proprio paese o città, ma anche di creare una circolazione umana di conoscenza tra i soggetti che abitano nello stesso posto, che si chiamano “con-cittadini”: cittadini che hanno in comune la cittadinanza che non è solo il votare nello stesso giorno e dovendo scegliere da liste che non sono quelle del paese vicino. Si è con-cittadini quando la città la si vive insieme e se ne conoscono limiti, ma anche pratiche e ricchezze culturali, urbane, artistiche, nascoste o palesi che siano. Allora la città sarà davvero di tutti. |