L'eterna oscillazione tra res cogitans e res extensa |
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Arte |
Giovedì 24 Aprile 2014 09:18 |
Il titolo del resto non lascia spazio ad equivoci di sorta, né d'altro canto intende crearne la volontà, da parte dello scrivente, di dotare Euritmica di un sottotitolo di ordine filosofico, basato sul contrasto originario di René Descartes tra res cogitans, la parte spirituale, pensante, e res extensa, la parte materiale, meccanicistica. Riteniamo infatti che questo dualismo sia applicabile non certo ai due artisti in questione, ponendoli su un piano di contemporanea contrapposizione l'uno all'altro, quanto piuttosto ad ognuno di loro considerato singolarmente. Appare così evidente che, analizzando il procedimento artistico di ciascuno nella sua globalità, né nel caso di Garrisi, né nel caso di Toma sembra predomini una delle due componenti, spirituale o materiale, a netto discapito dell'altra. Il merito di avere in pratica permesso il rinvenimento di una chiave di lettura filosofica dell'esposizione, utilissima per il fruitore, è da ascrivere senza dubbio agli artisti stessi, perché sono proprio loro a condurre su questo piano, ed a guidare, su quella che appare una via fondamentale per entrambi, capace di spiegare la genesi delle loro opere, come gran parte di tutto il loro percorso artistico passato e attuale: la via della riflessione. Chiarito sin da subito questo aspetto generale, finalmente non ci resta che accoglierli entrambi nella simbiosi artistica di quest'esposizione, accomunando tutte le loro opere sotto un unico principio, quello appunto della riflessione, guida e luce della loro arte.
Sorprendente è il fatto che Garrisi accompagni quasi ogni sua opera da uno scritto, meditato e spesso autobiografico, e di questo chi scrive aveva già subìto le emozioni nell'accostarsi due anni or sono, in occasione di Syncronicart-I, alla scultura M'involo, ma è solo grazie a quest'antologica che il fascino ha avuto modo di concretizzarsi pienamente. Così Les étrangers , Finestra mediterranea parlano di aperture allo straniero in un processo di globalizzazione di mediatica voga, Destinazione libertà, Libertà in costruzione, Evasione, Luce et ombra e, appunto, M'involo rappresentano null'altro che i voli dell'anima verso un anelito di libertà incondizionata, Ritmo, Divinità ferita, Clessidra, Radici, Impronte, Marea indagano le forze primordiali che regolano l'universo e le sue costanti spazio-temporali nel rapporto dell'uomo con una forza soprannaturale, Delle due...Luna, Le cadeau della luna spiegano le magiche influenze della luna e le analogie dell'astro con la figura femminile. Non possiamo quindi che renderci conto di come l'atteggiamento di Garrisi sia pervaso da un sottile quanto profondo lirismo. Riflessione lirica, appunto, e voglia di libertà, rivelata da un lavorio intenso, perseverante, spesso indugiante, che trafora la pietra leccese oltre il possibile, dando infine alla luce insperati punti di passaggio, proprio come avviene nelle grotte carsiche del Salento, da cui essa stessa spesso proviene, o tenui riflessi di luce ed ombra, simili a quelli dei bianchi fondali marini, fatti in definitiva della stessa arenaria sbriciolata nel corso dei millenni. La pietra leccese è “gentile” quanto infida, ed in questo Garrisi raccoglie la sfida, lavorando di cesello ma anche fermandosi al semplice abbozzo di sinuose forme, pur essendo naturalmente capace di virtuosismi baroccheggianti, che, in quanto salentino, pur gli appartengono culturalmente, quasi ad un livello ancestrale, allorquando si dimostra affascinato dalla natura e dal simbolo primordiale per eccellenza della nostra terra: l'ulivo e i suoi rami.
Toma ama definire le sue pitture Rotomatismi, riassumendo in questo termine la tematica principale che sembra ispirare la propria opera, dove ruote dentate e ingranaggi, oggetto di studio di un'avveniristica archeologia post-industriale o di un museo senza tempo né spazio, si alternano inesorabilmente (Invisible target-you, Eyes wide shut, Cuore rotante). I pezzi meccanici vengono messi in evidenza nel particolare del particolare ( Cattedrale di ferro e serie delle innumerevoli gouache), dove appaiono porzioni di marchingegni più complessi, senza dubbio metafora della complessità del micro- e del macro-cosmo, di cui fa parte logicamente anche l'uomo, in tutta la sua complessità neurofisiologica e genetica (DNA). La metafora è spesso temporale (C-lock), dove il richiamo ai concetti vitalistici di tempo scandito o fluente di origine Bergsoniana appare evidente, ma anche esistenziale (Il treno non è ancora arrivato), in cui il riferimento a L'ingranaggio di J.P.Sartre è fin troppo esplicito. Affrontando quest'ordine di rappresentazioni è ovvio che l'indagine di Toma non possa trascendere da Leonardo, ma attuale e moderno appare l'approccio dell'autore con la macchina, che non è di tipo progettuale, bensì intimistico. E quando accanto alla macchina appare anche l'uomo (Tracciando le linee di un recente passato, La punta dell'iceberg, Time machine), spettatore riflessivo e distaccato al contempo, oppure allorché sembra attuarsi una sospensione antigravitazionale di pezzi meccanici (EyeGear), sorretta da una luce cromatica volutamente cupa e da una conoscenza approfondita delle leggi prospettiche, il tutto trasmesso con indubbia perizia tecnica, ecco che l'autore realizza il proprio obbiettivo. Il risultato è quello di una metafisica moderna, sganciata finalmente dai fumi dechirichiani, sfruttati oltre modo dai fugaci cantori dell'assenza , perseveranti in una logica fatta di rivisitazioni anacronistiche del passato, mai adattate al proprio tempo. Non sappiamo quanto siano state rispettate le promesse della prima e seconda rivoluzione industriale, legate ad una meccanica tradizionale, e quelle della terza, ancora in atto, riferibile alla tecnologia digitale. Di certo ci pervade un senso di caducità e inquietudine che la tecnologia e le macchine non riescono a colmare nella loro interazione con l'uomo, diretta o mediata dal computer, così che alla fine le certezze del passato potrebbero inesorabilmente crollare una dietro l'altra, come carte da gioco, sotto la falce di un angelo sterminatore (Castelli di carte, L'angelo di Bunuel ). All'uomo, eterno esploratore dei segreti dell'universo, in questa corsa senza tempo e senza meta, non resta che ascoltare un consiglio che le macchine e le ruote dentate di improbabili orologi del passato sembrano suggerire: “fermiamoci tutti un po' a riflettere.....”
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