C'è MUSICA e... MUSICA 6. La Belle Époque |
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Musica e Teatro |
Giovedì 25 Giugno 2015 08:23 |
Dal 1870 al 1914 l'Europa ha conosciuto un lunghissimo periodo di pace fino ad allora mai registrato e superato soltanto dagli ultimi settant'anni. Ma, quello che va dalla vittoria a Sedan della potenza prussiana sulla Francia allo scoppio del primo conflitto mondiale, è anche un periodo di grande progresso e di sviluppo in molti campi: tecnico-scientifico, medico, socio-economico, filosofico e culturale. Cose di cui oggi non possiamo fare a meno e che sono a fondamento del nostro vivere e delle nostre abitudini sono state inventate allora. Pensiamo all'illuminazione elettrica (la lampadina fu inventata nel 1879 da Thomas Edison che già tre anni prima aveva inventato il grammofono, l'antenato del giradischi), alla radio messa a punto da Marconi, al telefono (inventato da Antonio Meucci nel 1871), strumento ormai funzionale e indispensabile nei contatti commerciali e interpersonali con le conseguenti applicazioni telematiche dei cellulari sempre più sofisticati. Pensiamo all'uso pressoché ineliminabile dell'automobile realizzata grazie all'invenzione del motore a scoppio nel 1885, che si diffuse su larga scala con la costruzione in serie mediante catena di montaggio (Ford modello T. nel 1909), divenendo fenomeno di massa nel secondo dopoguerra. Sono i grandi esiti della seconda rivoluzione industriale che hanno cambiato la faccia del mondo. L'esaltazione positivistica della scienza come strumento di progresso (mirabile la rappresentazione del Ballo Excelsior alla Scala di Milano nel 1881 dove, attraverso varie figurazioni allegoriche, veniva esaltata entusiasticamente la capacità dell'uomo di raggiungere conquiste sempre più alte) e i risultati ottenuti anche nel campo della ricerca medica col vaccino antirabbico di Pasteur e l'isolamento del bacillo della tubercolosi con Robert Koch portarono a un miglioramento oltre che a un prolungamento della vita con conseguente crescita demografica(un miliardo e mezzo di abitanti). Un generale senso di ottimismo si diffuse specialmente dopo il superamento della grande depressione economica tra il 1873 e il 1895 ed il susseguente impressionante aumento della produzione industriale e del commercio mondiale. L'inizio del nuovo secolo, il Novecento, vide a Parigi l'esposizione universale delle più interessanti invenzioni, dalle scale mobili (i tapis roulant) ai tram elettrici. Non che i problemi e i disagi sociali fossero come per incanto scomparsi, ma certamente il proletariato, soprattutto quello operaio, cominciò a godere di qualche vantaggio, non solo grazie alle durissime lotte sostenute, ma anche grazie alla stessa logica dell'economia di mercato che, per produrre di più, deve anche concedere maggiori aumenti salariali. Fu così che il periodo generalmente compreso tra il 1885 e il 1914, quasi trent'anni di benessere e di sviluppo, fece ottimisticamente pensare che le guerre non potessero devastare il mondo e -ironia della sorte- proprio prima dello scoppio della Grande Guerra nacque in Francia l'espressione BELLE ÉPOQUE (Epoca bella, Bei tempi). Essa sottolineava la vita brillante nelle grandi capitali europee, le numerose esperienze artistiche e letterarie (Impressionismo, Stile Liberty, Art Nouveau, Estetismo, Simbolismo), ma soprattutto esprimeva l'idea che il nuovo secolo, il Novecento, sarebbe stata un'epoca di pace e di benessere. Gli abitanti delle città avevano scoperto il piacere di uscire, specialmente dopo cena, di frequentare i Caffè e di assistere agli spettacoli teatrali. Le vie cittadine erano piene di manifesti pubblicitari, di vetrine con merci di ogni tipo, di eleganti magazzini. Durante questo periodo nacquero il Cafè chantant, il Cabaret, il Cinema, i luoghi sfavillanti dove ci si divertiva al ritmo di musiche travolgenti, come al Moulin Rouge dove furoreggiava il Cancan, rappresentato dai grandi manifesti come La Goulue di Toulouse-Lautrec del 1891. Ma questa è anche l'epoca che vide le donne acquisire un ruolo e una presenza sempre più significativi. La coscienza dei diritti femminili, sorta con l'Illuminismo e la Rivoluzione Francese, tra l'Ottocento e il Novecento divenne azione politica in Gran Bretagna con la lotta delle Suffragettes per il voto, primo passo per ottenere la parità con l'uomo. Naturalmente una ribalta importante le donne l'ebbero nel campo dello spettacolo, sia con le esibizioni nei balli più arditi sia con le interpretazioni delle Chanteuses, cioè le cantanti parigine. Tra le più famose ricordiamo Yvette Guilbert, Eugénie Fougère e Armand'Ary. A Napoli in particolare suscitarono entusiasmi indicibili e provocarono il fenomeno di imitazione delle cosiddette Sciantose. E fu al Salone Margherita, il ricco e lussuoso locale decorato in bianco e oro con tavolini da caffè e poltrone di velluto rosso, con un palcoscenico dotato di un artistico scenario e di una illuminazione sfolgorante, che nel 1894 fece il suo debutto napoletano Armand'Ary, chanteuse parisienne delle Folies Bergère, che ottenne un vero trionfo quando, dopo alcune canzoni francesi, interpretò 'A frangesa scritta per lei da Mario Costa...
Songo frangesa e vengo da Parigge
Il coro fu ripreso in tutta la città e il delirio durò per settimane. L'imitazione -occorre dirlo?- fu immediata e la figura della sciantosa falsamente proveniente dalle Folies Bergère in realtà originaria della Pignasecca (mitico quartiere della Napoli popolare) trovò decine e decine di cantanti pronte a francesizzare il proprio nome. Tra tante segnaliamo Ninì Bijou (Anna Baldi), Ester Clary (Ester Palumbo), Gina De Chamery (Luigia Pizzoni Negri), milanese di nascita ma napoletana d'adozione che portò nel 1916 in giro per l'Italia 'O surdato 'nnammurato e, nel 1918, fu la prima interprete al Teatro Rossini di Napoli, tra la commozione generale, de La leggenda del Piave di E.A. Mario, e poi Yvonne De Fleuriel (Adele Croce), casertana di Teano, il cui charme fece sperperare ai suoi ammiratori enormi ricchezze e provocò anche il suicidio di un musicista di lei follemente innamorato. Ma non era napoletana colei che inventò la mossa ( il coup-de-ventre che il pubblico pretendeva da quelle più dotate). Si chiamava Maria de Angelis, in arte Maria Campi, ed era “romana de Roma”. Vagamente ispirato al suo personaggio sarà un film del 1970 con Monica Vitti, che interpreta un motivo classico delle sciantose, Ninì Tirabuscò...
Ho scelto un nome eccentrico:
Il testo è di Aniello Califano e la musica di Salvatore Gambardella, che già sei anni prima, nel 1905, aveva firmato con Giovanni Capurro un'altra celebre canzone, Lilì Kangy... Chi mme piglia pe' Frangesa,
dove la sciantosa rivendica la sua napoletanità nonostante il nome francesizzato. Accanto alle Sciantose che ricorrevano al nome esotico ce ne furono altre, alcune famosissime, che si affidarono soltanto alla loro bravura come Emilia Persico, Elvira Donnarumma, Amelia Faraone, proverbiale per la sua bellezza. La Persico, dotata di bella voce, da attrice era passata a cantante di Operetta e quindi al Varietà. Fu la prima interprete nel 1893 di 'O marenariello di Gambardella e pare che di lei si innamorasse anche Salvatore Di Giacomo, al quale la loro chiacchierata relazione probabilmente ispirò più di una canzone. Altra famosa sciantosa fu la napoletana Gilda Mignonette (nome d'arte di Griselda Andreatini) detta la regina degli emigranti, interprete anche di commedie di Raffaele Viviani, attore e commediografo, autore di commedie dialettali di ambientazione popolare ('O vico). Mignonette andò in America nel 1924 per quella che doveva essere una tournée di soli due mesi e invece vi rimase quasi trent'anni. Morì nel 1953 sulla nave Homeland che la riportava a Napoli a poche ore dall'approdo per una emorragia causata dalla cirrosi epatica di cui soffriva. La sua preghiera al comandante della transoceanica di non gettare il corpo a mare -come era d'uso- fu accolta ed ora riposa nel cimitero di Poggioreale. L'ultima sua incisione è stata nel 1951 Malafemmena di Totò, mentre il motivo che più la caratterizzava era 'A cartulina 'e Napule, ma molto apprezzate erano le canzoni degli emigranti come Santa Lucia luntana: Partono 'e bastimente Scritta da E.A. Mario (pseudonimo di Giovanni Ermete Gaeta) nel 1918, fu un vero inno degli emigranti, che sin dal 1880 avevano lasciato il meridione per fuggire dalla miseria e cercare fortuna in America. Un fenomeno che interessò diversi milioni di Italiani, per la maggior parte Napoletani e Siciliani. In un'altra canzone di Mignonette, Connola senza mamma, di Esposito e Ciaravolo del 1930, l'America pur accogliente è vista come una culla (Connola) senza una mamma vicina...
Comm''e vapure scostano, Meglio nu juorno ccá, Napulitano, A Roma i Tabarin, locali d'intrattenimento dove si assisteva a spettacoli di Varietà, aperti fra Via Veneto e Piazza Barberini, tra Piazza Venezia e Piazza del Popolo, spesso utilizzando le sale dei vecchi Cafè chantant (Sala Umberto, Salone Margherita, Apollo, oggi Eliseo), venivano frequentati, a differenza dei cafè chantant, anche dall'alta borghesia. Cambiano anche le canzoni non più in vernacolo, ma in buona lingua italiana. Tra le vedette più famose va ricordata la pugliese Anna Fougez (Maria Annina Laganà-Pappacena), tarantina, l'ultima grande stella del caffè-concerto, il cui nome chiaramente si ispirava alla celeberrima chanteuse delle Folies Bergère Eugénie Fougère. Bruna, alta, sottile, grandi occhi neri e un neo sulla guancia, era l'immagine della donna fatale e ogni sua esibizione era pagata 1.500 lire. Oltre ad avere nel suo repertorio numerose canzoni napoletane, da Guapparia di Bovio e Falvo del 1914:
Scetáteve, guagliune 'e malavita
a 'A tazza 'e cafè di Fassone e Capaldo del 1918:
Ma cu sti mode, oje Bríggeta, tazza 'e café parite: sotto tenite 'o zzuccaro, e 'ncoppa, amara site... ma tanto ch'aggi''a vutà... Ma i' tanto ch'aggi''a girá, ca 'o ddoce 'e sott''a tazza, fin'a 'mmocca mm'ha da arrivá!...
Anna Fougez è associata soprattutto a Vipera scritta apposta per lei da E.A. Mario nel 1919...
Vipera... vipera
carica di un erotismo raffinato e perverso. Poteva cambiare abito anche cinque volte nel corso dell'esecuzione di un solo brano come nel Fox-trot delle piume:
E' il fox-trot delle piume incantator e la donna in questa danza d'amor fa stregare tutti i cuor.
Atmosfera ammaliante e sognante si ritrova in Abat-jour, di Stoltz e Cobianco del 1912...
Abat-jour
Tra tanti nomi di famose sciantose non può essere tralasciato quello di un'altra grande protagonista dei Cafè chantant, la trasteverina Lina Cavalieri, dalle doti canore non eccezionali ma dalla bellezza fascinosa e conturbante tanto da essere comunemente conosciuta come La donna più bella del mondo. Calcò i più grandi teatri del mondo osannata da schiere di ammiratori e amata da principi e miliardari. Gabriele D'Annunzio le dedicò una copia de Il Piacere definendola la massima testimonianza di Venere in terra. Morì a 70 anni nella sua villa presso Firenze centrata in pieno dai bombardamenti nel 1944. Undici anni dopo Gina Lollobrigida la riportò brillantemente in auge sul set del fim La donna più bella del mondo. Nei caffè-concerto continuava a furoreggiare la canzone napoletana con i suoi tipi e le sue macchiette. E assai divertente risultava il duetto tra i due sposini in 'A cammesella, una sorta di ammiccante e sorridente strip-tease. Questa canzone, musicata da Francesco Melber, diede fama al diciannovenne poeta Luigi Stellato nel 1875. Da allora questo brano è stato eseguito da moltissimi cantanti e attori, tra cui Totò, entrando nei repertori del caffè-concerto...
E levate 'a cammesella. Venti anni dopo avremo la prima incisione su disco a 78 giri, 'A risa, del cantante e macchiettista Berardo Cantalamessa, ripresa poi con gran successo da Aurelio Fierro negli anni '60.
Io tengo, 'a che só' nato, De tutto rido…e che nce pòzzo fá!? Ma comincia a fare anche la sua apparizione la canzone italiana con la sorprendente leggerezza di Ciribiribin, di Carlo Tiochet e Alberto Pestalozza, del 1898, cantata dal Trio Lescano, primo esempio di canzone italiana moderna... Ciribiribin, Ciribiribin, Anche un compositore di melodrammi, Ruggero Leoncavallo, esponente del Verismo musicale e autore di Pagliacci, si cimenta con una musica piuttosto complessa per una semplice canzone, Mattinata, del 1899, interpretata da grandi tenori e da ultimo da Albano e da Andrea Bocelli...
L'aurora di bianco vestita
Per molti però il primo vero esempio di canzone italiana moderna è Fili d'oro, del 1912, scritta da Capurro e Buongiovanni e interpretata da grandi cantanti (Claudio Villa) e tenori (Carlo Buti):
Son fili d'oro i suoi capelli biondi
Mentre del 1918 è la prima canzone italiana di un cantautore, Michele Testa. La canzone è Come pioveva e l'autore, presentandosi sotto lo pseudonimo di Armando Gill, annunciava così la sua canzone: “Testo di Armando, Musica di Gill, canta Armando Gill”...
Ed io pensavo ad un sogno lontano
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