Programma maggio 2022
Università Popolare “Aldo Vallone” Anno accademico 2021-2022 Programma di Maggio 2022 Mercoledì 4 maggio, ore 18:30, Sala Convegni dell’ex Monastero delle Clarisse: dott. Massimo Graziuso,... Leggi tutto...
Convocazione Assemblea dei Soci 22 aprile 2022
Convocazione Assemblea dei Soci   L’Assemblea dei Soci è convocata nella Sala Convegni dell’ex Monastero delle Clarisse venerdì 22 aprile alle ore 16,00 in prima convocazione e 17,00 in... Leggi tutto...
Programma Aprile 2022
Università Popolare “Aldo Vallone” Anno accademico 2021-2022 Programma di Aprile 2022 ●       Venerdì 1 aprile, ore 17:00, Officine di Placetelling - L’Università del Salento... Leggi tutto...
Immagine
Inaugurazione Anno accademico 2021-2022
Venerdì 22 ottobre alle ore 18:00, nell’ex Convento delle Clarisse in piazza Galluccio, avrà luogo l’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università Popolare “Aldo Vallone”:... Leggi tutto...
A rivederci. In presenza, Forse anche a distanza. Ma sempre attivi. E comunque uniti.
Il nostro Anno Accademico è finito, come sempre, con l'arrivo dell'estate, anche se il contemporaneo "sbiancamento" della nostra Regione e la possibilità, finalmente, di organizzare incontri in... Leggi tutto...
Home
“Le onde mi tentano…” PDF Stampa E-mail
Critica letteraria
Martedì 01 Marzo 2011 18:31

Il viaggio in Grecia di Elisabetta d’Austria nei fogli di diario di Constantin Kristomanos

 

Relazione letta al Convegno Internazionale sulla Letteratura Adriatica “La donna e la scrittura di viaggio” – Capitolo, 28-29 settembre 2010

 

Dal maggio 1891 all’aprile del 1892 Constantin Christomanos fu insegnante e lettore di greco dell’imperatrice Elisabetta d’Austria.

Di quell’anno trascorso al servizio  della donna più enigmatica che abbia mai richiamato su di sé l’interesse dei suoi contemporanei, l’icona della Vienna fin de siecle, tra viaggi e interminabili passeggiate, il Christomanos ci ha lasciato un diario assai particolare in cui ha devotamente raccolto le confidenze della sua imperatrice, e in cui evoca i ricordi dei momenti più significativi di un’esperienza unica e privilegiata.

Nessuno fu testimone altrettanto assiduo delle sue parole, delle acute quanto dolorose osservazioni e sentenze di Elisabetta. Nei Fogli di Diario del Christomanos  infatti Elisabetta, diversamente da come fu per tutta la vita, non si sottrasse questa volta allo sguardo del suo prossimo, non si nascose dietro l’ombra del suo ventaglio, ma rassicurata dalla sensibilità del greco erudito,e cosa più importante per una singolare affinità elettiva affiorata e sentita sin dal primo incontro a Schonbrunn, gli dischiuse il suo mondo interiore. Pertanto è utile e doveroso riconoscere all’opera del C. il merito di averci restituito e ci rivelato generosamente  attraverso un copioso di informazioni, il volto della più segreta e intima  Sissi.

Così non avvenne in un’altra circostanza solo all’apparenza simile a quella registrata e fissata nei suoi fogli dal Christomanos. In un'altra opera, ancora un diario di viaggio, Elisabetta è infatti la protagonista e la compagna di peregrinazioni intorno al mondo del console Von Warsberg che pure accompagnò Sissi in Grecia e in Algeria nel 1885.

Con il Christomanos si generò subito un’intensa comunione spirituale. La donna rispecchiava, nella tristezza imposta da una sorte tragica, nella esasperata fragilità sua, nella mistica malinconia, la personalità stessa del giovane greco, che porta lo stigma dell’inquietudine, del disordine emotivo che è anche l’impronta mitteleuropea della sua formazione e pensiero.

E’ significativo ricordare che, come segnalato in esordio, il diario del C. è un diario particolare in cui non si registrano sentimenti, fatti della vita di chi scrive, ma l’autore ha concepito e strutturato la sua operetta come un documento, il racconto di una parte della vita della sua  signora. Il C. si limita a prestare la sua penna alla fluente e inaspettata volontà narrativa di Sissi.

Il ritratto che il greco fa della sua imperatrice è il resoconto di un uomo adorante, sedotto, vinto dalla bellezza ineffabile, dal fascino oscuro operato da questa donna. Le attribuisce poteri straordinari, quello di partorire le cose, la loro volontà, gli eventi. Vede nei lineamenti del suo viso risorgere i divini e mitologici volti di Atena, Persefone, Calipso. L’esperienza intorno cui si coagula tutto il racconto imbastito dall’autore è un viaggio in Grecia che Sissi, dopo i tragici fatti di Mayerling, vuole affrontare solo sicura della amicizia  del suo giovane insegnante. il Christomanos avverte subito il lettore che il viaggio prima che il viaggio in Grecia è importante per Elisabetta che indulge in dissertazioni, discussioni, su cosa sia  il viaggio, su cosa sia per la sua vita il viaggio. I lunghi giorni sul Miramare sono l’occasione fortunata proprio per conversare, condividere pensieri ..…tanto che sembra a un certo punto che si sovvertano i ruoli: è Elisabetta ad assumere la autorevole  posizione dell’insegnante, di colui al cospetto del quale imparare gratis  la lezione  della vita, il senso delle cose. L’imperatrice dà in ciò prova di essere donna colta  e illuminata. Pensa di dover avvertire il giovane greco che il viaggio che stavano compiendo non si svolgeva nel segno della civiltà, ma era uno strumento al servizio della cultura. Civiltà  e cultura, due categorie che Elisabetta legge alla luce di due altre categorie: dionisiaco e apollineo. La cultura era il dionisiaco, la libertà, una smania selvaggia e indistinta, la civiltà era viceversa  un’apollinea gabbia per spiriti inquieti e ansiosi d’eternità e verità come il suo. Per questo era attratta dalla Grecia, la terra dove i suoi palpiti dionisiaci potevano essere, esprimersi, un luogo magico ancora abitato da esseri mitologici.  Elisabetta elegge il popolo greco a popolo della virtù, che vive in un sonno eterno ,in una primigenia e incorrotta felicità.

“Le mete di un viaggio sono desiderabili soltanto perché tra noi e loro si frappone il viaggio… “.

Dalla risolutezza di queste parole di Elisabetta si può davvero cogliere il peculiare e personale senso che il viaggio ha nella sua vita, e ancora più specificatamente l’esperienza del viaggiare, non  sono i luoghi  e le genti   incontrati conosciuti infatti a costituire per lei la vera attrattiva, il suo viscerale  …

L’irrefrenabile desiderio di viaggiare, di scappare, l’imperatrice Elisabetta d'Austria l'aveva ereditata dal padre, l'eccentrico Massimiliano duca in Baviera, che in compagnia della sua arpa aveva  vagabondato  in Oriente, privilegiando anch’egli  la Grecia, l’Italia e l’Egitto. E’ significativo a tal proposito  un passo del nostro Diario in cui Elisabetta  all’arpa un pensiero,  affermando di sentire forte il desiderio di cantare il mare.

E’ il riuscire ad allontanarsi da se stessa, dalla vita di corte, dal sentire la vita nel suo dolore che le regala la possibilità del viaggio. Lo spazio e il tempo del viaggio sono gli unici segmenti nei quali può sentire se stessa, bandire dalla sua esistenza il peso della finzione, e di ogni inautentico rapporto umano. Giudica la vita sulla nave la migliore forma di vita possibile, migliore di qualsiasi sponda o terra cui approdare perché vive nel suo elemento, vive insieme al mare.

E’ proprio il mare la passione di Elisabetta, verso cui sente un richiamo viscerale e al quale non può opporsi. E’ nel mare che deve compiersi il viaggio, perché il mare soltanto permette al viaggio di configurarsi come un’esperienza feconda per l’animo suo mai pago di risposte.

Durante la felice traversata il C. osserva la sua imperatrice, la sua metamorfosi in presenza del mare e non può non annotare sul suo diario come davanti al mare sembrasse di assistere all’ ingresso trionfale nel suo vero reame, come se soltanto allora divenisse imperatrice di se stessa.

Il C.  non può non restare impressionato dalla compenetrazione totale, completa di E. con il mare, il mare è  la metafora che meglio racconta  il suo essere. In più momenti, nelle parole al Kristomanos si vive la suggestione di assistere a un dialogo sola ad solum proprio con il mare. il mare si antropomorfizza, si anima, vibra di accenti amorosi al cospetto di Sissi, e vive una relazione intima . . “il mare mi vuole sa che gli appartengo”.

Le pagine del diario descrivono il continuo e reciproco gioco di metamorfosi che il Christomanos vede compiersi tra Elisabetta, il mare, la natura, tutto. Leggiamo: Spesso quando c’è burrasca ho l’impressione di essermi trasformata io stessa in un’onda spumeggiante, oppure “credo che il mare ci faccia uscire dall’umanità. credevo di inoltrarmi in un’altra dimensione dell’essere e del sentire”. lo spruzzo di un’onda sul viso inebriante mi rianimava tutta / mai più sarei tornata tra gli umani per restare sempre un libero gabbiano sul mare.

Elisabetta prova e gode di un sentimento panteista nei confronti di ciò che la circonda: tutto si trasforma  dal momento in cui Sissi sa di abbandonare la terra e abbandonarsi al viaggio per mezzo del mare.

In un passo il timido insegnante racconta di come in maniera mirabile semplicemente con la sua andatura la sua signora faceva sussultare gli ambienti, gli oggetti, scrive: Le cose attorno a lei sulla nave lungo il viaggio erano avvertite di questo misterioso suo pellegrinaggio. Le cose portavano traccia del suo passaggio, cominciavano a vivere. Elisabetta,  aspira ad una consonanza con la natura, ma in particolare in maniera ossessiva con il mare. Riporta ancora il C. l’imperatrice giura di udire sibili, fremiti dal mare, come se la stessero chiamando verso il compimento del suo destino. Il mare è una forza pari al suo desiderio di morte. “la morte fra quelle onde d’argento mi sembrava la gioia più grande”.

Non è difficile quindi intuire come non sia  il mare placido immobile uguale eterno, quello in cui si india Elisaberta,  ma il mare quale simulacro della vera inquietudine, del dolore, della disperazione, dell’ansia, della assenza di pace. il mare in tempesta, attraversato, percorso dentro il ventre da fiumi in frenetico movimento, Il mare nero, irato, come descrive la stessa Elisabetta il mare che urla, il mare incandescente.

Elisabetta con fierezza dichiara al C. “sono come una procellaria .faccio togliere di mezzo tutti i tendaggi dal mio Diramare per non perdermi lo spettacolo del mare infuriato, il mio me”.  E ancora, quando c’è tempesta e siamo in alto mare, mi faccio legare a questa sedia, come Odisseo, perché le onde mi tentano

Elisabetta vede nel mare la sua solitudine, un inabissarsi in sé, un’estenuazione dei sensi. Ma l’esperienza che Sissi fa del mare non si risolve nel mero godimento del sublime kantiano, ma è molto di più. Il mare opera sulla vita di questa donna un prodigio, vivere il mare le regale l’esperienza e la conoscenza di se stessa. Vivere sul mare è vivere un percorso di autodefinizione, autoaffermazione. Elisabetta non indugia nel presentarsi al suo interlocutore nelle sue debolezze, nei suoi tormenti, si definisce una misera presenza dissonante, che auspica  fare di sé un’isola sul mare. Il mare contiene tutta la nostalgia e la malattia di Elisabetta. Ma anche il medicamento al suo dolore.

Uno struggimento per la perdita dell’unica patria, il mare, Elisabetta racconta al suo giovane confidente, la consuma quando arriva in qualunque luogo.

Sei tu la mia patria, o azzurro, o mio meraviglioso mare! quando ebbra ti contemplo il cuore mi fa quasi male dal piacere.

“Il mare è una grande madre, al cui seno si dimentica ogni cosa”, amaramente sussurra una notte Elisabetta al suo seguito sull’Adriatico, presso le coste dell’Albania,  “il mare è il confessore da cui devo recarmi ogni giorno…io gli devo tutta la mia saggezza”.

Tutto ciò che non sia il mare non è vita. Assai curiosa è parsa una cosa che Elisabetta, il primo giorno di navigazione raccontò, riferendosi al Castello di Miramare,  “il mare sembra liberare i suoi demoni, ma di fronte ad esso si erge col suo freddo  rigido pallore così funereo, così immobile come un bel cadavere di marmo il castello di Miramare; e poco dopo “il Miramare,  è l’unica macchia grigia sul mare”.

L’opera del Christomanos è quindi il diario di viaggio di Elisabetta d’Austria. Non una sola riga l’autore ritaglia per se stesso, per esternare sentimenti tutti suoi. Non è possibile dalla lettura del libro cogliere la sua concezione del viaggio. Gli occhi di Christomanos negli occhi di Elisabetta vedono il mare.

arrivati a Corfù, l’ immenso uliveto selvatico che cresce vicino al respiro del mare, Elisabetta è rapita dall’aura di quella terra e conserva i segni della traversata in mare, è visibilmente scossa, ma non dismette i panni del maestro e conduce il giovane amico ormai, per le strade, i boschi dell’isola e in ultimo lo introduce nel suo maestoso palazzo, un tributo di pietra alla maestosità del mondo greco. Ma non solo Achille è il nume tutelare cui chiede protezione Elisabetta.

L’imperatrice d’Austria, l’incarnazione del crepuscolo degli Asburgo è una navigante, così si etichetta. Racconta C. “Nel suo palazzo un piccolo vano a destra dell’ingresso dell’atrio, funge da cappella: una nicchia sopra l’altare accoglie la statua di Notre Dame de la Garde che a Marsiglia è venerata come protettrice dei naviganti. L’ho portata da Marsiglia io stessa, disse eccitata: è la patrona della gente di mare”.

E’ emerso il profilo di una donna, dentro l’imperatrice d’Austria, che ha fede solo nel mare. Il viaggio in Grecia ha consentito soltanto al Christomanos di scoprire questo rapporto speciale tra Elisabetta e il mare e lasciarlo chiudere il suo diario così: e’ la regina dell’acqua, di ogni acqua in movimento, ma oggi dico è la regina del mare.

 

 

.


Torna su