IL CHIARO PENSIERO E LA PAROLA L’esperienza poetica di Donato Moro |
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Sallentina |
Lunedì 13 Giugno 2011 16:17 |
Spetta al lettore e, nella fattispecie, al critico, individuare detta anima e farla emergere attraverso una lettura agonica del testo che, inizialmente, si nega, poi si concede, quindi resiste, infine cede e si rivela nella sua polisemia al detector dell’interpretazione. Segni nostri (prefazione di O. Macrì, 33° vol. de “I Testi”, collana di poesia contemporanea diretta da Giacinto Spagnoletti, Lacaita editore, Manduria, 1993), il titolo che Donato Moro scelse per etichettare la sua opera poetica più organica, è fortemente allusivo, ossia è inequivocabilmente semantico dell’intenzione creativa e focalizza il nucleo tematico centrale dell’intera raccolta di versi. E’ tratto dalla lirica che strategicamente chiude il volume, una sorta di “congedo”, ma, in realtà, un manifesto di poetica, sicché l’ultimo sintagma («tutti segni nostri. / Noi li cerchiamo / per crescere nei punti / per ritrovare il centro fra spine e rami secchi / per capire noi stessi a cui non basta / né l’acqua amara né amore della madre») diventa eponimo della poesia di Moro racchiusa nella circolarità, tra inizio e fine, di una latente struttura poematica all’interno della quale è possibile isolare cinque sezioni così classificabili: 1) liriche di argomento tellurico-larico-esiodeo; 2) liriche magico-surreali; 3) d’amore; 4) esistenziali; 5) etico-sociali.
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