VINCENZO AMPOLO. O DELLA PRATICA DEL CREATIVO, DI VOCI DELL’ANIMA E DI ATTRAVERSAMENTI |
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Sallentina |
Lunedì 16 Gennaio 2012 14:31 |
Attraverso i moderni strumenti di comunicazione di massa, è molto facile conoscere Vincenzo Ampolo, il quale certo non lesina informazioni su di sé e sulla propria attività. Su Internet, è onnipresente, con un blog su Myspace, un sito personale sempre aggiornato e interattivo (www.ampolo.it) e un profilo su Facebook da lui molto frequentato. Inoltre i suoi lavori artistici sono su: “www.arsmeteo.org “. Visitando così il blog, leggiamo la sua autopresentazione: “Nato il 10 Marzo 1953 a Taurisano (Le). Già da adolescente scrive poesie e canzoni, con le quali contagia un gruppo di amici che si ritrova quotidianamente sulla terrazza di una casa popolare di Lecce …. E' del 1979 la pubblicazione del suo primo racconto " Teresa Libera”. Seguono una serie di articoli sulle pagine culturali del Quotidiano di Lecce. Nel Dicembre 1982 pubblica il numero o di Progetto Umanistico, rivista di pedagogia, psicologia e studi interdisciplinari, che dirige fino al 1988. ….Dando ragione alla realtà dell'anima per cui le muse danzano sempre insieme, si sottolinea che Vincenzo Ampolo è autore di oltre sessanta pubblicazioni, di alcuni video e di un cd musicale di cui è autore dei testi e della musica. Ha collaborato con le Università di Lecce, Bari e Genova ad attività didattiche, di ricerca e di divulgazione scientifica. Come psicologo-psicoterapeuta di formazione analitica (Junghiana) ed Umanistico Esistenziale, si occupa di Stati Modificati di Coscienza ( con Georges Lapassade) e di Transeterapie. Nel Campo delle Artiterapie utilizza da diversi anni un suo metodo di lavoro denominato PERSEO. Fondatore dell’Istituto di Artiterapie Integrate La Sorgente di Pegaso, dirige l’Ente Morale di Ricerca Formazione e Terapia PERSEO. Inoltre la sua attività grafico-pittorica è riconosciuta e riportata nel Dizionario degli illustratori contemporanei tra Altane e Andrè ...”. Sul suo sito invece (dove sono presenti moltissime foto), scrive: “ Con il suo primo maestro Prof. Dario V. Caggia, inizia e completa la sua formazione psicoanalitica (junghiana) e il suo apprendistato all'analisi dell'Inconscio Individuale e Collettivo (molti i saggi pubblicati nella rassegna internazionale di psicologia “L’immaginale” fondata dallo stesso maestro). Nel 1979 si laurea con il massimo dei voti discutendo una tesi su "Psicoanalisi e Controcultura". Contemporaneamente alla sua specializzazione in Scienze Sociali ad Urbino, partecipa al Movimento di Psicologia Umanistica degli anni '70, collaborando con quelli che sarebbero diventati i "caposcuola" della maggiori discipline psicoterapeutiche e dirigendo egli stesso il Centro di Ricerca Formazione e Terapia “Perseo” e la Rivista di Pedagogia Psicologia e Scienze Interdisciplinari “Progetto Umanistico”. A Roma si specializza in Analisi Umanistica Esistenziale e si abilita presso l'Università degli Studi La Sapienza in Psicologia. Pur continuando in questi anni la sua attività in ambito istituzionale sanitario, nel campo della disabilità prima e nel campo delle dipendenze patologiche successivamente, collabora con le Università di Lecce, Bari e Genova ad attività didattiche, di ricerca e di divulgazione scientifica e continua con entusiasmo la sua pratica di formatore, saggista e psicoterapeuta.”. E veniamo ai suoi libri, per me e per questo profilo che dedico ad Ampolo, la sezione certamente più “gustosa”. La sua bibliografia inizia con Il primo sole, Esperienze educative in un centro estivo comunale, di Vincenzo Ampolo e Marcella Ponzi (Comune di Taurisano, 1996), che documenta l’esperienza maturata nella comunità terapeutica "La pietra" (con la quale a quel tempo Ampolo collaborava) con un gruppo di disabili che frequentavano i laboratori di animazione sociale ed arteterapia gestiti dalla locale USL. Extasy,Università degli Studi di Lecce e Azienda USL LE/2, (Lecce, 1997), “promosso dal laboratorio di ricerca sull'uso di sostanze psicoattive nel contesto dei divertimenti giovanili, con la collaborazione del Servizio per le Tossicodipendenze della Azienda USL LE/2 di Maglie (LE) e dell'Insegnamento di Sociologia delle Religioni dell'Università degli Studi di Lecce, è un testo si propone di stimolare una maggiore conoscenza nell'ottica della riduzione del danno legato al consumo di ecstasy”. E di questo opuscolo e della sua genesi si parla anche nel successivo libro dell’autore, Musica, droga & transe Materiali di ricerca, a cura di Vincenzo Ampolo e Guglielmo Zappatore, con Presentazione di Pietro Fumarola, Sensibili alle foglie (Dogliani 1999). Nell’Introduzione, Ampolo racconta come sono nati i suoi incontri e rapporti di collaborazione con George Lapassade prima e con Piero Fumarola poi e del gruppo di studio che si venne a costituire presso il Sert di Maglie, dove all’epoca l’autore prestava servizio,con una “ricercazione”, ossia una ricerca sul campo che portò ai risultati del libro. Questa ricerca vide coinvolti diversi attori che a vario titolo avevano a che fare con i fenomeni descritti nel libro, e cioè, oltre al Sert di Maglie, il Centro Informagiovani di Casarano, il Sindacato dei locali da ballo (Silb), l’Osservatorio giovani della Communità Emmanuel, lo staff tecnico della discoteca Metropolis e alcuni studenti del corso di Psicologia e Sociologia della Devianza e di Sociologia delle religioni dell’Università di Lecce. Nel suo saggio Ampolo, sulla scorta degli studi di Fumarola e Lapassade, parla del bisogno di transe che è innato in ognuno di noi. Cita, a questo proposito, Elemire Zolla, il quale afferma: “L’uomo ha bisogno di assiomi per la mente e di estasi per la psiche come ha bisogno di cibo per il corpo: estasi e assiomi possono provenire soltanto dal mondo degli archetipi. Né bastano estasi lievi, brividi modesti: la psiche ricerca la pienezza del panico. L’uomo vuole periodicamente smarrirsi nella foresta primigenia degli archetipi. Lo fa quando sogna, ma i sogni non bastano. Deve sparire da sveglio, rapito da un archetipo di pieno giorno..”. E proprio rifacendosi a Zolla, Ampolo introduce i concetti di “vacanza della coscienza” e di “uscite dal mondo”, a significare quel bisogno profondo, insito in ognuno di noi, di abbandonare la solita stanza routine delle cose e prendersi dei momenti di alterazione, di andare fuori dal mondo, in quel territorio “fra occhi aperti e chiusi” dove “la vacanza è particolarmente fruttuosa e vivificante”. Questi stati modificati di coscienza possono avvenire naturalmente, oppure essere indotti. Quelli indotti possono essere determinati da un qualche trauma, da un cambiamento profondo che avviene nella nostra psiche, da quei “salti nel buio” come Ampolo li definisce, rifacendosi a Freud, o “peack experiences” (esperienze vetta), con Maslow, o “choc”, “lampi di genio”, “momenti catartici, meditativi, estatici”; o infine, possono essere determinati dall’assunzione di sostanze psicoattive, stimolanti, come l’ecstasy, venendo così all’argomento del libro. Viene fatto un parallelo fra l’utilizzo dell’Lsd, molto di moda negli anni Sessanta, e l’assunzione dell’ecstasy così prepotentemente diffusa fra i ragazzi degli anni Novanta. Lapassade si sofferma sulla “Technotranse” e la dissociazione, nel suo saggio, nel quale analizza, con Gilbert Rouget, le tre condizioni fondamentali che caratterizzano la produzione degli stati modificati di coscienza, ossia il gruppo, la musica e il movimento; e fa una distinzione fra l’estasi religiosa classica (caratterizzata invece da silenzio, solitudine e immobilità) e la transe religiosa. Quella transe che, per Lapassade, è una grande risorsa, e lo sanno i “neo mistici del rave”, come li definisce lo studioso francese, cioè il vasto e variegato popolo della notte assuntore di massicce quantità di MDMA (“ecstasy”). Renato Curcio analizza le cause che portano al consumo di droghe, sia legali, come alcool, tabacco, caffè, ansiolitici, antidepressivi, che illegali, come marijuana, cocaina, eroina, ecc. Questo disagio, che porta all’assunzione di ecstasy, è “il malessere della normalità”, come lo definisce Curcio, e questa ricerca di sostanze chimiche per rendersi assenti al proprio malessere, risponde, secondo lo studioso, “ad un modello culturale ufficiale della società occidentale, ad una ideologia adattativa, quella terapeutica, che tende a sostituire altre ideologie adattative di segno religioso o politico con la suggestione del raggiungimento, qui ed ora, di uno stato di grazia”. Ma questa risposta al problema, attraverso l’uso di queste sostanze chimiche, presenta numerosi problemi sulla salute del consumatore che Salvatore Della Bona, nel suo saggio successivo, descrive attentamente. Il luogo privilegiato dal popolo della notte, vettore dell’uso di sostanze psicoattive che portano alla dissociazione, è la discoteca dove “la generazione techno, tra estasi ed ecstasy”, come la definisce Gilberto Camilla, si lascia trasportare dall’esperienza psichedelica per compiere quell’attraversamento, di cui si diceva prima, quell’andare “oltre” lo stato ordinario della coscienza. E la seconda parte del libro, che si compone di materiali vari, approfondisce la conoscenza di queste discoteche e delle abitudini dei giovani che le frequentano, attraverso una ricerca sul campo che vede protagonisti in primis il prof. Lapassade, che spiega gli strumenti metodologici della ricerca stessa, e Vincenzo Ampolo, Guglielmo Zappatore, Concetta Paglialonga, con i loro diari di ricerca, le interviste ai giovani consumatori, e poi vengono riportati gli atti del convegno “Ecstasy e Technotranse” tenutosi presso il Centro Informagiovani di Casarano, con i saggi di Lapassade, Fumarola, Marcello Stazzeri, Maurizio Pasca, Donato Casarano. Molto interessante anche la terza parte del libro, nella quale, puntando più specificamente i riflettori sulla musica, attraverso laboratori e sperimentazioni varie tenute in quegli anni 1997-98, Zappatore, Lapassade e Daniele Durante spiegano quell’interessante fenomeno che è la “techno-pizzica”, data dalla contaminazione della musica metropolitana dei rave party, cioè l’hip-hop,di provenienza estera, ma anche musica di controcultura dei più grandi centro sociali del nord Italia,e poi la techno delle discoteche, con la pizzica salentina. Diario e dintorni Laboratorio di scrittura creativa sul tema del diario, a cura di Vincenzo Ampolo e Marilena Cataldini Ed. Mediterranea ONLUS (Lecce 2001), è un “lavoro di documentazione relativo ad un laboratorio di scrittura creativo-terapeutica sul tema del diario e su ciò che attiene a questa pratica. Il diario conserva traccia di tempi, spazi, situazioni, così come sono stati vissuti dall'autore. Contenitore di emozioni, diventa occasione di introspezione, di specchio. Moviola dei sentimenti permette il ripensamento, l'analisi dei vissuti.” Un corso di scrittura creativa, insomma, tenuto dai curatori del libro presso il centro Informadonna di Lecce, sorto nell’ambito del PIC Urban 97-99, Sottoprogramma di Lecce, con un gruppo di lavoro composto da: Maria Grazia Attanasio, Maria Ciardo, Simona Franco, Antonella Leo, Maria Grazia Presicce. Voci dell'anima Scrittura, narrazione e pratica analitica, Besa Editrice, (Nardò 2004), è il lavoro più impegnativo di Ampolo, centrale nella sua produzione, e certamente, come l’autore mi confida, quello a lui più caro. In questo percorso, l’autore parte dalle parole, le parole ascoltate, le parole lette e poi quelle scritte, in particolare le parole scritte con il corpo perché, rifacendosi all’assioma di derivazione classica “soma-sema”, “ il corpo scrive, il corpo legge, il corpo viene letto.” Dunque l’autore conosce “il potere delle parole”, ma sa andare anche “oltre le parole”, fino al limite della notte, “sulla porta dei sogni”, per cogliere quei segni che a volte ci portano i sogni. Infatti , tra la veglia e il sonno, “c’è una zona intermedia, una distanza da percorrere, un passaggio fondamentale che segna il confine dal pre-liminare al post-liminare”. “I fenomeni ipnagogici e ipnopompici, la reverie, la poiesis in generale, così come le allucinazioni e ogni sorta di fantasia, fanno parte di questo spazio liminare dove si sogna ‘tra gli occhi aperti e chiusi’ “. Ampolo si occupa della dimensione poetica della mente, intraprendendo un viaggio affascinante alla scoperta di quelle “voci dell’anima”, di cui il titolo del libro. E Ampolo, novello Virgilio, ci fa da guida in questa sorta di cammino iniziatico fra gli archetipi (quelli che Jung, citato dall’autore, considera “le strutture inconscie ereditarie e collettive della psiche umana” o Zolla, sempre citato dall’autore, invece “immagini immaginanti”), il linguaggio dei simboli (“ciò che un tempo si chiamavano dei”, sempre secondo Zolla, citato dall’autore), il linguaggio del mito (con la contrapposizione, tutta filosofica, fra mytos e logos), il linguaggio degli dei; e ancora, un viaggio, attraverso le figure dei tarocchi, con gli occhi del matto, del buffone, in compagnia di uno dei più famosi matti della storia della letteratura mondiale, ovvero il Don Chisciotte di De Cervantes. E poi, nel capitolo “Incanto e disincanto”, centrale nel libro, forte della lezione di Lapassade e Fumarola, si occupa del transire, vale a dire delle “vacanze della coscienza” (come le definisce Elemire Zolla nel suo libro “Uscite dal mondo”), dell’andare “oltre”, attraverso gli “stati modificati di coscienza”, attraverso quell’andare nell’altrove che risveglia nell’artista la capacità di creare. E sono proprio le visioni di cui si diceva prima, le reverie, il fantastico, che fanno parte di questo mondo immaginale, di questo non-luogo in cui possono nascere le più grandi opere di scrittura, poesia, pittura, ed ogni altra pratica artistica. Lo scrittore, il creativo, può così superare la sindrome del foglio bianco, il cosiddetto “blocco dello scrittore”, entrando per effetto di una stimolazione indotta o naturale in uno stato alterato di coscienza, in una realtà “extra-ordinaria”, nella quale è egli stesso a farsi foglio bianco, “a farsi scrittura, racconto”. Ampolo si interroga e ci interroga, in questo libro così denso di stimoli, citazioni, rimandi, sollecitazioni. Come si fa a vivere gli opposti? Si può, se si considera il fatto che siamo noi stessi bipolari, siamo fatti di opposti che si autoescludono e al tempo stesso si integrano. Fra Eros e Thanatos, fra buio e luce, fra la vita e la morte, fra senex et puer (per dirla con James Hillman, citato dall’autore), la forza creativa nasce proprio dall’incontro di queste realtà duali, di ordine e caos, di forza e fragilità, di saggezza (data dall’esperienza del senex) e sfrontatezza (data dall’ambizione, dall’intuito del puer), come insegna Ampolo . La scrittura come dolore, come sofferenza, e poi la scrittura della differenza, le scritture femminili, a fare da contrappunto a quelle maschili. Le parole guariscono, sono terapeutiche, come fiabe di madre. Guariscono attraverso un viaggio eroico che si intraprende, un viaggio nel quale l’eroe deve combattere con i mostri che gli ostacolano il passaggio e, se ce la avrà fatta a ritornare da quel”labirinto”, “prigionia, selva oscura”, dopo quel cammino iniziatico, allora potrà dirsi davvero un uomo migliore, come l’eroe positivo dei miti, potrà sentirsi veramente guarito. Alla fine del viaggio, dopo quel processo di involuzione ed evoluzione, l’uomo acquista piena consapevolezza di sè. Dunque la scrittura come terapia, è questo il tema portante del libro di Ampolo, sulla scorta dei numerosi corsi di scrittura creativa/terapeutica tenuti dal suo ente morale Perseo; e dopo aver letto il libro, forse, saremo più consapevoli del fatto che bisogna sempre ascoltare quelle voci di dentro, “le voci dell’anima” appunto, che hanno grande valore, solo a volercene prendere cura. Dissociazione e creatività La transe dell'artista a cura di Vincenzo Ampolo e Luisella Carretta, Prefazione di Georges Lapassade, Campanotto, (Pasian di Prato 2005). In questo lavoro, Ampolo ritorna sulla materia degli stati modificati di coscienza, prendendo le mosse dal famoso libro “Stati modificati e transe” di George Lapassade, indiscusso punto di riferimento nell’ambito di questi studi. Il libro riassume i risultati raggiunti nella ricerca sulla transe e sugli stati non ordinari di coscienza , costituendo una specie di “convegno virtuale”, come lo definisce Ampolo, nato dall’incontro dei due curatori del libro con il prof. Piero Fumarola,docente di Sociologia delle Religioni ed il prof. Eugenio Imbriani, docente di Antropologia Culturale presso l’Università di Lecce, da un seminario sulla Dissociazione creativa, tenuto da Vincenzo e Marta Ampolo, e da un Comvegno sul tema “Transe e dissociazione creativa” tenuto presso l’Università degli Studi di Lecce. E dopo la Prefazione di George Lapassade “Dissociazione e creatività”, è proprio il curatore del libro che parla dei “transiti creativi della coscienza”, ossia di quel processo che porta l’artista ad uscire dalla realtà ordinaria delle cose, di quell’altrove dell’artista, ossia di quello spazio-tempo che è una dimensione del tutto alterata, in cui il creativo si rifugia durante l’atto poietico, dal greco poiein, “fare”. E dall’incontro-scontro fra l’Io e il non-Io, di cui parla E.Neumann ne “L’uomo mistico”, nasce il processo creativo. Il transire, cioè l’attraversamento, il “passare oltre”, nella fase creativa (che può essere spontanea o veicolata), porta l’artista a raggiungere l’ispirazione, a lanciare il suo sguardo al di là della realtà ordinaria delle cose e ad aprire, spalancare, le “porte della percezione” (di cui parla William Blake); e in questo stato modificato, come estasiato, il pittore dipinge, il poeta scrive, il musicista compone, annullando anche, durante quella sorta di rapimento mistico, ogni altra esigenza, comprese quelle fisiologiche della fame, della sete o delle minzioni corporee, fino a quando la “mania”, come la definiva Platone, lo possiede, lo pervade interamente. In questo territorio di confine,immaginale (“la stanza dell’artista di cui parla Bachelard nel libro “La poetica dello spazio”, riportato dall’autore), si scontrano naturalmente gli opposti che albergano in ognuno di noi e deflagrano, implodendo nell’artista. Attraverso questa “mania”, la liberazione creativa può portare, in quanto liberazione, alla guarigione, almeno momentanea, dell’uomo artista; quindi l’arte come terapia può avere, ed ha sommamente, una funzione catartica. E così, all’incanto (che rimanda al potere pietrificante della mitologica Medusa), segue il disincanto, quando l’autore compie il viaggio di ritorno, dagli spazi astratti del proprio genio, della fantasia, allo spazio ed al tempo ordinari della sua quotidianità, quando cioè, dopo una vacanza della coscienza, da quell’illusione di cui parla Winnicott nella sua “teoria transazionale”, l’artista ritorna con i piedi per terra sulla propria terra e da quell’isola felice, da quella terra fertile dove era giunto, stimolato da qualcosa che aveva visto o anche da sostanze psicoattive, come l’alcool e la droga, ritorna al grigio esistere di tutti i giorni: “il disincanto impone il ritorno, il risveglio, l’uscita dalla transe”. Di “Storie di transe” parla nel libro Anna Nacci, in particolar modo del fenomeno del “neotarantismo”, e di “Passaggi” parla Luisella Carretta, l’altra curatrice del libro. Roberta Collu si occupa di “pratiche performative e stati modificati di coscienza”, indagando il fenomeno della pizzica salentina, e Vincenzo Ampolo e Marilena Cataldini riportano una “Conversazione con Vito Mazzotta”. Di estasi, creatività e di quegli attraversamenti di cui si diceva parlano anche Maurizio Nocera e Angela Biancofiore, dal fare “tabula rasa” delle normali abitudini percettive all’arrivo ad una nuova percezione, attraverso la trance creativa che fa guardare l’artista con occhi nuovi, sentire con diverse orecchie e assaporare nuove sensazioni. Così si attua una trasformazione, che dal cosmos, ossia l’ordine delle cose, porta al caos, ossia al disordine creativo e vivificante, e in questo stato originale di coscienza, in una sorta di mitopoiesi, si svolge la performance dell’artista, pittore, scultore, ballerino o musicista che sia, il quale sembra uno sciamano che evoca quelle forze occulte, affinché dal profondo dell’inconscio, da una zona senza confini, vengano su, riaffiorino e posseggano, non solo il performer, ma anche tutti gli astanti, creando una transe collettiva molto vicina a quei riti di massa catartici e liberatori degli antichi popoli. Anche Gianni De Martino si occupa dei cosiddetti ASC (“Altered States of Consciousness”) e delle esperienze di doppio che popolano il mondo della letteratura mondiale. Nel libro, interventi di Carlo Marcello Conti, Donatella Bisunti e Eliana Forcignanò, la quale ultima si occupa del “divino nella poesia, ovvero la duplice creazione del mondo e della parola”; interventi di Daniela Liviello e di Marilena Cataldini, con “La scrittura e la sua ombra, ovvero La terra di mezzo”. Fabio Tolledi si occupa di Artaud e del teatro, “il corpo glorioso della transe”, vale a dire il famoso intellettuale americano, autore di teatro e di cinema, che della “alterità”, ha fatto una bandiera. Ricercatore e divoratore di peyote, un fungo allucinogeno di origine messicana, rinchiuso per nove anni in un manicomio criminale, fu autore di scritti che in qualche modo scuotevano le coscienze degli americani. Ancora, interventi di Marta Ampolo, Luciano Pagano, Ruben Bag e Nicola Valentino, fondatore della casa editrice “Sensibili alle foglie”. E proprio l’esperienza di questa cooperativa sociale è al centro dell’intervento di Valentino, il quale insieme a Curcio, attraverso un “Archivio di arte ir-ritata”, si occupa di tutte quelle scritture che nascono nelle istituzioni totali, come penitenziari, manicomi, ma anche per la strada, fra gli homeless, nelle comunità terapeutiche, fra i tossicodipendenti e gli emarginati. Anche Piero Fumarola, nell’ultimo intervento del libro, ritorna sugli studiosi Renato Curcio e Nicola Valentino, con il loro libro “Nella città di Erech” del 2001, e sulle “vastità identitarie” che ci appartengono, e poi fa un consuntivo delle tematiche affrontate in tutto il libro. Ma ritornando al caro Ampolo, fra le sue varie collaborazioni, oggi, sono da segnalare quella con la rivista “A Levante”, periodico dell’omonima associazione, nato a Galatone, nel maggio 2008, per volontà di Luigina De Prezzo e Giovanni Santi. Diretto da Giulia Santi, con la responsabilità editoriale di Giuliana Coppola, 'A Levante' annovera nel comitato di redazione firme come quelle di Marilena Cataldini, Livio Romano, Giuseppe Resta e della stessa Giuliana Coppola. Ampolo collabora inoltre con la rivista “Apulia”, edita dalla Banca Popolare Pugliese di Matino e con le pagine culturali del quotidiano leccese “Il Paese Nuovo”. Dicevo che la sua è una vocazione universale che lo porta ad esprimersi anche attraverso l’arte della pittura e del disegno. On line, sono presenti diversi articoli che ha pubblicato nel corso degli anni sulle varie riviste citate. Nel suo sito “Arte e terapia”, sono raccolti questi “assaggini”, alcuni racconti brevi, le poesie e le recensioni. Inoltre vi è un collegamento con altri link, fra cui quello della figlia Marta Ampolo che, bisogna aggiungere, è pure lei una conosciuta ed apprezzata poetessa nonché eclettica operatrice culturale (come dire, talis pater.. ). Per quanto riguarda i suoi lavori artistici, sul sito ArsMeteo, sono presenti quasi tutte le sue opere. Ed ecco le sue collezioni, divise per genere, fra sculture, disegni, dipinti, poesie visive, grafiche, elaborazioni digitali,fotografie, tecniche miste.. Ampolo, in questa sorta di “artecrazia” che domina la sua diversalità poetica, porta la parola alla pittura e la pittura alla parola, in una sovrimpressione stimolante, vivificante, in un progetto di arte totale tutto da scoprire, in una ricerca verbo-visiva ancora territorio vergine da esplorare. Per il fatto di non essere state sistemate, queste opere, e pubblicate su cataloghi, infatti, la critica specializzata non si è ancora accorta di esse e dunque io mi pregio di essere fra i pochissimi ad interessarmi di questa produzione di arte visuale che fa il paio con quella saggistica e di segnalarla agli amici comuni ed agli estimatori di cose e personaggi salentini. Non può essere tutta in un breve saggio, per quanto denso, racchiusa l’esperienza umana e artistica di un contemporaneo che, per il fatto di esser tale, potrà dire ancora molto nella cultura salentina e non solo, ma sia allora, questo mio contributo, considerato come una traccia appena segnata per chi avrà altra sensibilità e altro cuore per seguirla, un pezzo “di servizio” di un umile ma appassionato cronista, e infine un omaggio sincero di amico.
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