[Si pubblica per gentile concessione dell'autore]
Indice
Diogene, Aladino e una sciarada. Premessa
Don Giovanni: l’eros e la seduzione. Tra filosofia e arti
Arte, poiesi, mercato, mercanti
Cinema (e/o film) come narrazione filosofica. Filosofia e mythos
Il consumo cinematografico di paura
Tempi cinematografici. Tempi dello sfruttamento. “Modern Times”
Il crepuscolo nell’anima. “L’ora del lupo” di Ingmar Bergman
La traslitterazione del dubbio: dalla fede all’ateismo religioso. “Gertrud” di Carl Th. Dreyer
“Fahrenheit 451”, Word 97-2003. Questioni di memoria
Totò e l’esistenzialismo. Schede di lettura
L’identità negata. L’ibridazione linguistica nelle “poesie cantate” del primo Modugno
Weltanschauung e satira. “Il Travaso delle idee”
Postilla
Diogene, Aladino e una Sciarada. Premessa
1. Quando la scrittura di questo libro si è conclusa, è sorta spontanea nella mente una parola poco consueta: sciarada. Sciarada è termine familiare soprattutto ai cultori di enigmistica e, in misura più ridotta, ai cinefili. Nel più noto e diffuso vocabolario italiano, la definizione di sciarada è quella di un gioco enigmistico consistente nell’indovinare una parola della quale sono state indicate le parti in cui essa può venire scomposta. L’esempio apportato è indovino/indo-vino. Per gli amanti e studiosi del cinema, Sciarada è, invece, il titolo di un film di Stanley Donen, del 1963, con Cary Grant, Audrey Hepburn e Walter Matthau. La trama, che per alcuni critici e spettatori comuni richiama atmosfere hitchcockiane, consiste nella ricostruzione, tramite vari indizi, di un percorso che deve condurre a scoprire dove è depositata un’ingente somma che, alla fine, risulta investita in alcuni francobolli di altissimo valore economico. Il film ha meritato un remake nel 2002.
In questo volume e nei testi in esso presentati si vuole far vedere come linguaggi, forme culturali e voci apparentemente diverse, nel momento in cui si incrociano e si giustappongono, formulino, alla fine, una nuova “parola” o, se si vuole, un nuovo senso a parole antiche. Da questo punto di vista, tra le cosiddette arti, tra le varie forme di circolazione di ciò che la poiesi materializza, è una circolazione sotterranea, un influsso reciproco che modifica modelli e introduce prospettive inattese. Un esempio oramai paradigmatico è la rielaborazione fatta da Warhol delle foto con il volto di Marylin Monroe: quella “sciarada” tra due arti dà un evento nuovo, inatteso che modifica le categorie della produzione e della fruizione nonché della “cultura” estetica intesa quasi in senso antropologico.
Ecco perché nel titolo di questo volume appaiono due storie e due nomi completamente diversi: quello di un filosofo, Diogene, con la sua lanterna e quello di un “genio” delle Mille e una notte che sorge da una lampada. Tra le due fonti culturali passano circa quattordici secoli. Come ha scritto un noto storico della filosofia, Diogene camminava con la lanterna accesa in pieno giorno, con chiara ironia provocatoria, e gridava ripetutamente la famosa frase: “Cerco l’uomo”, perché gli dei avevano concesso agli uomini facili mezzi di vita, ma poi li avevano anche tolti dalla vista umana. La ricerca, pertanto, consisteva nel trovare ciò che avrebbe potuto rendere visibile l’uomo e i suoi mezzi che lo avrebbero portato alla felicità. Per questa felicità, secondo Diogene, le istanze di natura dovevano prendere il sopravvento e avere la priorità. Non a caso il termine cinico, con cui il filosofo è anche chiamato nella storiografia, ha l’etimo nella parola cane[1]. Comunque l’emblema della lanterna è l’emblema di uno strumento che ci fa luce e ci fa vedere l’uomo: ed è questo il compito della filosofia, della narrazione e dell’autonarrazione dei soggetti, come si cercherà di spiegare in seguito.
La lampada di Aladino è la lampada che risponde ai desideri del soggetto: ed è l’icona della fantasia e del racconto, della proiezione in una realtà fittizia di ciò che sono i nostri desideri, le nostre paure e, soprattutto, il mezzo che permette la liberazione da esse. Allora perché Diogene ed Aladino? Perché sono le immagini della ricerca dell’uomo e del suo voler essere, nel campo della riflessione speculativa (da speculum: specchio) e in quello della creatività estetica. Ci sarebbe stata una terza lanterna da introdurre: la “lanterna magica” che dal Seicento fino ai fratelli Lumière costituì la preistoria del cinematografico. E oggi il cinema, il film e l’arte nel suo complesso sono quasi una lampada magica che aiuta nella ricerca, anche filosofica, dell’uomo.
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