LUIGI SANSO’ POETA SINDACO DI GALLIPOLI
1. Per me Luigi Sansò è stato un mito in quel viaggio formativo e sconfinato che è la storia di Gallipoli, e non solo per la sua poesia di nitido stampo classico, con endecasillabi che vanno da Foscolo a Carducci, da Leopardi a Fusinato, (“Vengon, vengon contro la scogliera / diruta dal perenne urto feroce / l’onde verdastre che con rauca voce / urlan l’ira infernal della bufera”), ma soprattutto per gli orizzonti inquinati della provvisorietà, dell’approssimazione, della sciatteria, della nebbia dell’incertezza, che – grazie a lui – alla sua lucidità di pensiero, mi si andavano schiarendosi. Intuii, credo fin dall’inizio, magari confusamente, che nei suoi scritti, le sue poesie, i suoi poemi, le sue lettere, i suoi racconti, i pensieri sparsi, c’era quella luce rappresa dei suoi sforzi e della sua grazia innata, che permeava e fasciava ogni cosa; intuii l’oro del suo cuore che conosce le cose a prima vista, le prevede in virtù di una più vasta sapienza che non è data dai libri, ma dalla predisposizione dell’animo: Sansò era un uomo sempre teso alla costante ricerca della “riconciliazione” della vita dell’uomo con l’uomo e con la continuità cosmica, la ricerca segreta e misteriosa dell’armonia del “tutto”, creature, animali, piante, materia. E anche quando si è in piena “tempesta”, quando la “ciurma più non spera” e i gabbiani che stridono nel vecchio cielo ci appaiono piuttosto come rapaci avvoltoi che poetici fazzoletti bianchi, bisognava sperare. Sempre e comunque.
2. Per lui al centro di ogni cosa c’è il mare e Gallipoli, la sua piccola patria, la sua “isola della luce”, dov’era nato – proprio sullo Scoglio, nella città storica - il 12 luglio 1891, l’anno in cui Hermann Melville stava scrivendo la storia di “Billy Budd”, il bel marinaio, l’abile gabbiere, che sarà impiccato al pennone più alto pur essendo innocente dell’accusa di ammutinamento. Il romanzo uscirà postumo poiché lo scrittore americano muore lo stesso anno, praticamente ignorato, dimenticato. Anche per Sansò è stata, in parte, la stessa cosa: “la sua esistenza terrena” – scrive Gianni Caridi nel suo libro biografico Luigi Sansò, Sindaco Poeta, Tip. Stefanelli, 1985, – “finì com’era nel suo stile. Morì silenziosamente, appartato, schivo, quasi di nascosto, in una fredda sera del 10 marzo 1963. Aveva settantadue anni e amava profondamente la vita”.
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