Ecologia
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Domenica 23 Gennaio 2011 10:13 |

Le leggi dell’economia. La nostra vita è regolata da leggi accettate da tutti. Le leggi dell’economia, appunto. La più importante, e la più universalmente riconosciuta, è la legge della domanda e dell’offerta. Il prezzo di un bene viene deciso dalla volontà di pagare di chi lo desidera. Io posso dire che il mio gatto vale un milione di euro, ma se nessuno ha volontà di pagare quella cifra, il mio gatto non li vale davvero. Li vale se arriva il matto che se lo compra per quella cifra. Magari cento anni fa sarebbe stato impensabile pagare milioni per un tipo che prende a calci una palla. Prima degli anni sessanta, le indossatrici erano belle ragazze pagate quattro soldi che sbarcavano il lunario indossando abiti che non potevano acquistare per farli vedere a vecchie signore che non avevano voglia di provarli. Poi, all’improvviso, le modelle hanno acquistato un valore altissimo, perché qualcuno ha voluto QUELLA modella e, per averla, ha pagato moltissimo. E si è visto che se l’abito era portato da QUELLA modella, si vendeva molto di più. Si è venduta l’immagine. Qualcosa di immateriale che, prima, non era considerata molto vendibile.
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Critica letteraria
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Venerdì 21 Gennaio 2011 19:40 |

[In Teorie e forme del tradurre in versi nell'Ottocento fino a Carducci, Atti del convegno Internazionale, Lecce 2-4 ottobre 2008, a cura di A. Carrozzini, Galatina, Congedo, 2010, pp. 235-251.]
A Maria Luisa Doglio
Odio gli arcaismi, e quelle parole antiche, ancorchè chiarissime, ancorchè espressivissime, bellissime, utilissime, riescono sempre affettate, ricercate, stentate, massime nella prosa. Ma i nostri scrittori antichi, ed antichissimi, abbondano di parole e modi oggi disusati, che oltre all’essere di significato apertissimo a chicchessia, cadono così naturalmente, mollemente, facilmente nel discorso, sono così lontani da ogni senso di affettazione o di studio ad usarli, e in somma così freschi, (e al tempo stesso bellissimi ec.) che il lettore il quale non sa da che parte vengano, non si può accorgere che sieno antichi, ma deve stimarli modernissimi e di zecca. Parole e modi, dove l’antichità si può conoscere, ma per nessun conto sentire. E laddove quegli altri si possono paragonare alle cose stantivite, rancidite, ammuffite col tempo; questi rassomigliano a quelle frutta che intonacate di cera si conservano per mangiarle fuor di stagione, e allora si cavano dall’intonacatura vivide e fresche e belle e colorite, come si cogliessero dalla pianta. E sebbene dismessi e ciò da lunghissimo tempo, o nello scrivere, o nel parlare, o in ambedue, non paiono dimenticati, ma come riposti in disparte, e custoditi, per poi ripigliarli. (28. Maggio 1821.).1
Tra le tante pagine dello Zibaldone che parlano di traduzione, ho scelto, per cominciare, una che di traduzione non parla. Parla, però, di arcaismi, e lo fa per dichiarare loro un’avversione che permette di mettere subito a fuoco un ostacolo davvero ingombrante che il Leopardi traduttore dei classici doveva affrontare nel corso del suo lavoro. |
Letture dantesche
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Mercoledì 19 Gennaio 2011 22:30 |
Lezione di mercoledì 19 gennaio 2011
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Lezioni a.a. 2010/11
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Giovedì 13 Gennaio 2011 09:24 |
Lezione di mercoledì 12 gennaio 2011
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Lezioni di Epistemologia e Storia della Scienza
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Venerdì 07 Gennaio 2011 22:29 |
Fuga dei cervelli e senso dell'istruzione: un esempio settecentesco
Università Popolare "Aldo Vallone" di Galatina, venerdì 7 gennaio 2011
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Letteratura
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Domenica 02 Gennaio 2011 10:27 |
Yves Bonnefoy: il paese della lontananza
Di Yves Bonnefoy potrei dire quello che Nietzsche diceva di Leopardi: amo poeti che pensano. Infatti la poesia di Bonnefoy è un pensiero che mentre evoca presenze interroga i confini stessi del pensiero. Mentre ospita un albero, una pietra, uno spicchio di cielo, un colore scrostato di pittura, si spinge sulla soglia dell’invisibile, leggendo le sue ombre. Mentre ascolta un passo nella sera, un rumore di vento o d’acqua, mentre accoglie figure provenienti da un sogno, cerca un radicamento nel qui, nella opacità della terra. E allo stesso tempo libera l’ala dell’altrove, il pensiero dell’impossibile. E tutto questo accade nel ritmo aperto, da adagio meraviglioso, del verso. O nel ritmo di una prosa che ha portato la tradizione francese dell’ essai, del saggio, verso forme nuove. Verso forme in cui la descrizione di un’opera d’arte è racconto, il ricordo è meditazione, l’analisi è evocazione di figure e di luoghi, insomma la scrittura è esercizio di una libertà inventiva estrema, ma anche discreta, quasi confidenziale: esperienza che mette in campo un sapere conoscendo la fragilità del sapere, la sua debolezza dinanzi alla presenza insondabile del vivente.
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Storia e Cultura Moderna
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Venerdì 31 Dicembre 2010 10:13 |

Maestri del Novecento. Scritti politici e letterari
1. Gramsci e dintorni
Brescianesimo e lorianesimo negli scritti di Antonio Gramsci
- "Brescianesimo" politico e letterario da De Sanctis a Gramsci, in "Il Corriere di Galatina", Anno III N. 5 - 6 maggio 1976, pp. 3 e 4.
- Il lorianesimo da Engels a Croce ed a Gramsci, in "Il Corriere di Galatina", anno III, n. 11-12, 23 dicembre 1976, pp. 3 e 4.
Gramsci e la "questione del pane" nella prima guerra mondiale
- Gramsci e la "questione del pane" nella prima guerra mondiale, "Il Corriere Nuovo", anno VIII, 2, 28 febbraio 1985, p. 3.
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Storia e Cultura Moderna
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Giovedì 30 Dicembre 2010 09:14 |

I primi tre scritti qui raccolti, dal titolo No alla scuola di ieri per l'uomo di oggi (1974), Il ruolo del latino e Meditazioni di un commissario (Maturità classica 1975-76), devono essere considerati unitariamente come il frutto dell'entusiasmo e delle aspettative suscitati dalle novità legislative introdotte nella scuola alla metà degli anni Settanta, anni che videro per la prima volta nella storia d'Italia la scuola al centro del dibattito nel paese e una larga partecipazione popolare alle riforme in corso. Quale esito abbia avuto quella diffusa speranza, lo si constaterà nell’ultimo intervento quasi un venticinquennio dopo, riportato più avanti col titolo Pensieri stravaganti sulla scuola. Al gennaio 1986 appartiene invece l'articolo La Chiesa e lo Stato e l'insegnamento religioso, ad un tempo cioè immediatamente posteriore al nuovo Concordato firmato il 18 febbraio 1984 sotto il pontificato di Giovanni Paolo II da Bettino Craxi, allora Presidente del Consiglio, ed entrato in vigore il 3 giugno 1985. A quattordici anni di distanza le nostre considerazioni ci sembrano mantenere inalterata la loro attualità, soprattutto in riferimento al dibattito sulla cosiddetta parità scolastica (1999).
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